14 dicembre 2024

FILM AL CINEMA - "Vermiglio" DI Maura Delpero


(contiene spoiler) 

Ambientato in un paese di montagna del Trentino durante gli anni Quaranta del secolo scorso, il film della Delpero adotta una modalità espressiva che, per quanto possa apparire originale a molti, risulta debitrice di tanto altro cinema, che da anni indaga realtà italiane più "appartate" con una prevalente attenzione al contesto naturale e optando per un registro stilistico più vicino all'evocazione lirica che alla prosa narrativa, a partire dagli esempi più radicali di Franco Piavoli o di Michelangelo Frammartino.
In tal senso Vermiglio si situa già sotto il segno del manierismo, aspetto che in se stesso non esclude aprioristicamente l'originalità di ispirazione del singolo approccio, che però non si rintraccia in quest'opera, dove a prevalere è l'impressione del già visto. Inoltre il film non riesce a trovare una sintesi estetica coerente tra i momenti che aspirano alla dimensione poetico-naturalistica e la parte narrativa che segue le vicende di una famiglia allargata: il primo aspetto è soltanto episodico o lasciato in sottofondo mentre è evidente che il maggior interesse dell'autrice è nei confronti della storia umana raccontata, che però ha un andamento troppo monotono e ripetitivo per riuscire a coinvolgere appieno. In sintesi: troppo poco contemplativo per essere cinema lirico e troppo poco avvincente per diventare un romanzo filmico riuscito su una saga familiare. 
Inoltre ad avvolgere l'intera vicenda è un tono cupo e pessimista che risulta l'aspetto predominante dell'opera e che appesantisce non poco la visione, già resa difficile dalla lentezza del ritmo. Si obietterà che la rappresentazione realistica della vita sociale in un paesino di alta montagna di ottant'anni fa impone di mostrare tutta quella sofferenza che vediamo scorrere sullo schermo: se in parte può essere così relativamente a certi condizionamenti sociali tipici di un ambiente ristretto, alla maggior vulnerabilità rispetto ad alcune malattie ed al giogo imposto dalle condizioni climatico-ambientali in assenza della tecnologia contemporanea, dall'altra parte la scelta di sceneggiatura di focalizzarsi solo sull'infelicità umana è programmatica. E se può risultare funzionale ad un discorso sulla condizione femminile del tempo, secondo una diffusa tendenza contemporanea (condivisibile dal punto di vista esistenziale ma non necessariamente garanzia di un risultato sotto il profilo artistico), non basta a sollevare il film dall'impressione della sgradevolezza ricercata a tavolino, che al termine della visione prevale su qualsiasi spunto costruttivo, nonostante l'epilogo presenti le due protagoniste che finalmente hanno scelto ognuna una propria strada ,(pur non essendo magari quella che si sarebbe auspicato lo spettatore incline all'happy ending), emancipandosi dal contesto familiare e sociale oppressivo.

Pier

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