(contiene spoiler)
Il film vincitore del Leone d’oro a Venezia è soprattutto un film verde.
La fotografia è infatti l’elemento che colpisce subito, con forza. Tutto è verde: gli autobus, la tonalità dei cartelloni pubblicitari, la nuova auto del capo e le caramelle che divora a ciclo continuo (scatola inclusa), i macchinari del laboratorio dove lavora la protagonista, la sua divisa; e poi le albe, i riflessi, le ombre; oltre, ovviamente, al nostro mostro dal cuore d’oro (per convenzione nel resto dello scritto lo chiameremo affettuosamente Ciccio). Evidentemente è uno strumento volto a far immergere lo spettatore nel mondo subacqueo e notturno in cui si svolge la vicenda. Evidentemente se n’è abusato.
La pellicola è miglior film a Venezia 2017 (anno in cui era in concorso Ammore e malavita dei Manetti Bros!). Il fatto stupisce. L'opera attinge a piene mani da stilemi più che consumati e, nonostante una innegabile piacevolezza (notiamo però una fase di stanca nella parte precedente il finale), non riesce mai a distaccarsi da un livello di decente onestà.
Il tema, di scontata presa sul pubblico, è quello della diversità. Così come tutto è verde allo stesso modo i personaggi sono tutti “altri”: la protagonista, muta fin da bambina per una violenza subita; il suo dirimpettaio, timoroso omosessuale espulso dal ciclo produttivo e dal consorzio sociale; Ciccio, altro per definizione. Perfino lo “scienziato buono” (in realtà una spia del KGB) dimostra in fondo di non saper stare né coi russi né con gli americani; e addirittura la città di ambientazione, Baltimora, è altro rispetto al resto degli States: un posto senz’anima e da cui tutti desiderano fuggire.
Con questi ingredienti Guillermo Del Toro cucina una pietanza dal sicuro effetto ma di scarsa portata innovativa. Cosa volete che succeda a una giovane donna muta e repressa, la cui anima indolenzita agogna una comunanza sessuale e spirituale, nel momento in cui incontra un Ciccio imprigionato dai cattivi militari, palestrato e dall’animo inaspettatamente sensibile (ottima la colonna sonora)? Che si innamorino. E si innamorano, infatti.
L’ultima parte del film concede addirittura (inserendolo ex abrupto in modo incoerente rispetto alla narrazione) al registro fiabesco: Ciccio è un dio i cui poteri taumaturgici spaziano dalla cicatrizzazione rapida, al risuscitamento, per sconfinare nell’inimmaginabile: la cura della calvizie!
Non è l’unico elemento di incoerenza della trama: il tema del ballo e della musica, importante grimaldello narrativo per la parte iniziale del film, viene d’un tratto abbandonato. Insomma una scena subacquea alla Fred Astaire e Ginger Rogers ce la saremmo meritata.
Piacevole, abbastanza scontato, un po’ incoerente, molto molto verde.
Aiuta a vivere meglio? Non credo che, dato il livello, il film possa offrire un aiuto dal punto di vista esistenziale; anche se storie sulla diversità fanno comunque sempre bene. La comprensione che la diversità è ricchezza è forse una di quelle regole di vita che si dovrebbero sempre tenere a mente.
Otto Marvuglia
P.S.
Il regista ha dichiarato di essersi ispirato a Il mostro della laguna nera, film del 1954 diretto da Jack Arnold. Esiste tuttavia un altro precedente di indubbio pregio, il numero di Zagor dell’ottobre 1974, Acque misteriose: quantomeno il film può essere visto come un invito alla rilettura del numero di Zagor.
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RispondiEliminaConcordo in gran parte con la recensione. Il film, per quanto ben realizzato (sceneggiatura, regia, colonna sonora, ambienti, costumi e recitazione) è indubbiamente un’opera di maniera. Il tema del “diverso” è stato già portato al cinema (anche fantasy) e la declinazione di “The Shape of Water” non aggiunge molto di nuovo.
Aggiungerei che anche il cattivo (notevole l'interpretazione di Michael Shannon) è un “diverso”: i tratti con cui è delineato, le sue fisime, la sua ostinazione e la sua tragica fine ne fanno una figura patetica. Comunque dal film mi aspettavo qualcosa di più.