11 novembre 2013

FILM AL CINEMA - "Gloria" di Sebastian Lelio

I miei amici cinefili mi avevano raccomandato di andare a vedere il film "Gloria". E così ho fatto, convinta (in base agli apprezzamenti altrui) di andare a vedere un film brillante, nuovo. Dopo un qualche minuto di proiezione, ancora fiduciosa ma leggermente "provata" dal'uso della macchina a mano, spero in un decollo che però arriva solo con la sigla dei titoli di coda, col nostro Umberto Tozzi che canta il suo cavallo di battaglia in spagnolo (in questi casi provo sempre una punta d'orgoglio).
La trama è semplice. Rodolfo e Gloria si incontrano, nasce una relazione ma lui non regge ai richiami della famiglia dalla quale in teoria è separato...quindi si assenta, se ne va letteralmente dal cospetto di Gloria a risolvere ora un problema alla figlia, ora un'altro alla ex moglie...e mi chiedo come si sarebbe sviluppato il film senza la fondamentale esistenza del cellulare che il nostro Rodolfo non riesce mai a spegnere. Dopo una certa sofferenza (che oggi secondo me per un tipo simile non sarebbe neanche il caso di sprecare) la protagonista si rianima ed attua una vendetta "colorata" che a me personalmente non rende alcuna soddisfazione.
Ci voleva un'operazione cinematografica per descriverci una coppia così? Ma il mio amore per il cinema mi porta a prendere il meglio, quindi apprezzo gli attori: interpreti e non divi, umanamente più o meno belli, pelosi, dalle fattezze imperfette che l'età concede a due creature over cinquanta...e che ci rivelano un attimo di vera intimità tra corpi reali e non posticci. Tutt'intorno altri personaggi vivono la loro vita...quindi lavorano, bevono, mangiano, scoprono le canne, vegliano, piangono, partono, si fidanzano e qualcuno, al piano di sopra, sembra fuori di testa...forse però non è pericoloso. 
Simona Ciammaruconi

1 commento:

  1. Dal punto di vista espressivo non si può negare che “Gloria” raggiunga un discreto risultato. La narrazione si fa seguire, grazie ad una sceneggiatura che riesce a calibrare il susseguirsi degli episodi in maniera coinvolgente, per quanto all’interno di un ritmo programmaticamente un po’ lento. Lo stile risulta poi abbastanza incisivo, a partire da inquadrature che stanno addosso ai personaggi, soprattutto alla protagonista, ripresa insistentemente con piani ravvicinati e quasi sempre in modalità “oggettiva”, con effetti a volte quasi stranianti (come nella scena della visita oculistica, dove il dialogo tra lei e il dottore si svolge senza mai nessun controcampo che ci sveli almeno l’aspetto di quest’ultimo, in evidente contrasto con le convenzioni classiche del racconto cinematografico). Un pizzico di coraggio e di originalità la si riscontra anche nella scelta di mostrare la nudità e la sensualità di due persone “normali” e avanti negli anni. E gli attori danno tutti una prova convincente, soprattutto Paulina Garcia nel ruolo dell’omonima protagonista.
    L’impianto è fondamentalmente realistico e l’opera, ad un primo approccio, sembrerebbe porsi come una sorta di fotografia sociale, con al centro la rappresentazione del malessere interiore di alcuni personaggi della borghesia contemporanea. Perché di questo si tratta, almeno stando a quanto il tracciato filmico trasmette allo spettatore, seppur in modalità sottotono, quasi impercettibilmente e, almeno in apparenza, senza giudicare. E fin qui ancora tutto torna. Le perplessità arrivano quando, all’interno dell’esibita pretesa di imparzialità della messinscena, si fa strada invece una sottile quanto penetrante empatia nei confronti della protagonista, che rischia di proporla implicitamente come una sorta di “eroina” pur dopo averla rappresentata in tutta la sua confusione, col possibile risultato di farne un modello in grado di catalizzare la proiezione identificativa delle insoddisfazioni dello spettatore in modalità estetizzante ed assolutoria piuttosto che critica e riflessiva. La scena finale sembra porsi emblematicamente sotto il segno di questa tendenza.
    La fotografia sociale ha un senso, la partecipazione emotiva nei confronti dei personaggi rappresentati anche. A non convincere è invece l’identificazione empatica dell’autore nei confronti della materia narrata. Dal punto di vista esistenziale potrebbe non aiutare a vivere.

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