20 settembre 2018

FILM AL CINEMA - "Un affare di famiglia" ("Shoplifters") di Hirokazu Kore'eda

Il regista si richiama soprattutto al suo precedente Father and Son e costruisce una messinscena minimalista, privilegiando l'approfondimento dei personaggi e lo sviluppo di una vicenda tanto drammatica quanto complessa, che scuote le coscienze e solleva interrogativi. Il ritmo è programmaticamente lento, la regia semplice e disadorna, con inquadrature lunghe ed insistite: uno stile che richiede un certo impegno allo spettatore.

Pier

1 commento:

  1. AleLisa20/10/18

    I legami possono funzionare davvero solo se sono il frutto di una scelta, poco importa se consapevole o no. Ed è cosi che si riesce ad essere amorevoli con gli altri pur sapendo di non essere stati voluti in questo mondo.
    Il linguaggio dei sentimenti appassiona da sempre il regista giapponese Hirokazu Kore'eda, consentendogli di esplorare a fondo l'animo dei personaggi e di metterne a nudo la drammatica incapacità di immergersi nella cosiddetta normalità.
    La famiglia viene completamente scardinata e trasformata in un'entità sgangherata, sdrucita, a tratti un po' laida ma funzionante. Gli ingranaggi girano ritmicamente fino a che non si arriva alla seconda parte del film, quando il registro espressivo improvvisamente cambia e lo sporco sommerso sale in superficie. Tutto viene stravolto e ciò che era sembrato possibile di colpo non lo è più. La normalità si ripresenta con prepotenza. Eppure il pensiero che i legami possano esistere solo laddove vi sia una scelta resta intatto.

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