Un piccolo film in cui Wes Anderson mette di tutto e di più: l’eredità del surrealismo, il gioco di incastri cinematografici (il film vero e proprio è preceduto da un cortometraggio su uno dei tre protagonisti), una colonna sonora musicale variegata e trascinante, un’attenzione sempre vivida all’ambiente, al decor, ai colori sgargianti, ai volti e alle espressioni degli attori (dai protagonisti ai comprimari). E i rapporti familiari disfunzionali (una costante del suo cinema) questa volta fanno il paio con un viaggio in India che si presenta come una ricerca di senso spirituale ma che si rivela come una richiesta di affetto ad una madre divenuta assente per tre figli che sembrano non voler crescere.
I tre durante il viaggio cercano - con scarsa convinzione - di incontrare la spiritualità indiana, la madre si è invece ritirata in una missione cristiana alle pendici dell’Himalaya: i primi faranno esperienza, nonostante le conflittualità irrisolte e le difficoltà affrontate - del loro legame fraterno, la seconda li pianterà in asso lasciandoli soli dopo solo un giorno nonostante abbiano “attraversato il mondo” per poterla ritrovare.
A prima vista può sembrare appunto un piccolo film, che non dice niente di particolarmente nuovo né di gran che profondo. Il modo in cui lo fa riesce ad essere indubbiamente originale, per quella peculiare sintesi stilistico-narrativa che ha reso celebre Anderson. Ma non è solo una questione di forma. The Darjeeling Limited fa viaggiare con la fantasia lo spettatore contemporaneo sensibile al richiamo dell’esotismo per condurlo nell’intimo dell’emotività delicata di quei tanti figli del benessere alla ricerca confusa di se stessi.
Pier
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