26 gennaio 2021

Film sul tema "La noia" - "Un cuore in inverno" ("Un cœur en hiver") di Claude Sautet (Francia 1992)



Giacomo Leopardi, oltre che essere uno dei massimi poeti mai vissuti, fu indubbiamente tra i più profondi filosofi e conoscitori del sentire umano. Egli scrisse che il dolore che nasce dalla noia e dal sentimento della vanità delle cose è più tollerabile della noia stessa. La noia è indubbiamente il sentimento che più contraddistingue l’essere umano. Dalla noia nascono i suoi capolavori come le sue aberranti spietatezze. Chi riesce a dominarla la converte in oro e chi ne è sopraffatto è un mostro di crudeltà. 
Un cuore in inverno (Un cœur en hiver) di Claude Sautet (Francia 1992) ne offre un esempio assai chiaro. L'opera è assai lenta nel suo svolgimento eppure la sua lentezza è il segreto della sua bellezza. È un film che è stato definito “sussurrato”, perché i suoi dialoghi e la sua sceneggiatura sono volutamente rallentati, come l’adagio di un quartetto per archi. La trama semplice, quasi banale, non ha molta importanza; ad essere importanti sono i personaggi, i loro dialoghi e la loro caratterizzazione. Su tutti ovviamente quello di Stéphane (Daniel Auteuil),  personaggio che anche dopo la visione del film lascia una scia di amarezza e rabbia. Non c’è cattiveria in lui, almeno non quella premeditata, quella a cui spesso si è soliti imbattersi nei film o nei romanzi. In lui c’è qualcosa di più della crudeltà, forse perché lui stesso ne è vittima e da infetto ne soffre senza sintomi, forse perché è qualcosa che sfugge ad una nostra semplicistica definizione o ad un nostro quotidiano riconoscimento manicheo. In lui c’è la noia, quella profonda, crudele, astiosa e mai sazia, che, immune dalla redenzione di un rimorso o dall’alibi della rabbia, si ciba di se stessa e di se stessa si compiace.

Danilo Giorgi

2 commenti:

  1. Ricordo il film e talvolta mi torna in mente l'immagine del protagonista; lui, cosi incapace di amare da abbrutire vigliaccamente la sua vita, privandola di ciò che le conferisce senso, l'amore.

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  2. Ciao Danilo, non condivido né l'assunto da cui prendi le mosse per il tuo articolo né, di conseguenza, l'interpretazione del film che proponi. Dichiaro innanzitutto la mia istintiva resistenza a trattare la noia come una questione filosofica: personalmente non credo di comprendere cosa intendi tu e il passo di Leopardi che citi, nella mia esperienza personale non mi sembra di rintracciare nulla di simile per poter attuare un confronto in termini pratici.
    Sono portato a pensare che ciò di cui parli non riguardi la sfera filosofica dell'esistenza ma quella psicologica. Certe persone (tra cui anche artisti e filosofi) sono inclini a un certo sentire e tendono a tradurlo in un concetto universale quando magari non è detto che lo sia.
    Il tema del film è quindi a mio avviso molto più semplicemente psicologico. Condivido appieno il breve commento di AleLisa: il protagonista è incapace di amare e, a causa di ciò, soffre e fa soffrire gli altri. “Un cuore in inverno” è di conseguenza un’ottima rappresentazione, in termini artistici, di un malessere in cui potranno rispecchiarsi magari diversi spettatori contemporanei; dal punto di vista esistenziale può essere interpretato come un invito a non seguire il percorso del protagonista.

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