15 febbraio 2016

FILM al cinema - "The Hateful Eight" di Quentin Tarantino

Dispiace affermarlo ma l’ottavo lungometraggio di Quentin Tarantino, The Hateful Eight, è davvero lontano - quanto a forza espressiva - dalle sue opere precedenti, a partire da Le iene (Reservoir Dogs1992) sino al primo western Django Unchained (2012).
Non ce ne vogliano i suoi fan più affezionati ed accaniti ma, capacità tecnica a parte (che era e resta indiscutibile: messinscena dettagliata ed impeccabile - anche nella scelta di fotografia e luci - nonostante qualche sbavatura in fase di montaggio), tutto il resto lascia molto a desiderare. Infatti, a partire dai dialoghi (che non danno ritmo ad un racconto noiosamente lungo, soprattutto nei tre capitoli iniziali), i pochi personaggi presenti, nonostante la bravura degli interpreti (uno fra tutti Samuel L. Jackson, accanto ad un altrettanto bravo Kurt Russell), non risultano convincenti come dovrebbero e come ci si aspetta (e si pretende) da un regista del calibro di Q. Tarantino (primissimi piani eccessivamente puliti per un film in stile "old wild west"). In tale contesto, anche i costumi risultano poco adatti (tirati a lucido come freschi di tintoria o appena acquistati) così come l’ambiente interno in cui si svolge gran parte del film (esageratamente ordinato per uno sperduto emporio immerso fra montagne lontanissime ed innevate).
Ci si chiede se la lentezza monotona del racconto sia frutto di uno specifico intento del regista-sceneggiatore statunitense, ovvero quello di designare psicologicamente personaggi e vicenda come se si trattasse di un racconto noir alla Agatha Christie. Eppure ciò non basta per appassionare e trasportarci tutto d'un fiato sino alla conclusione, nonostante gli ultimi tre capitoli ravvivino - con il consueto tocco splatter tanto caro all'autore - la narrazione iniziale, ripetitiva e claustrofobica. Certo, la colonna sonora dell’intramontabile Ennio Morricone accompagna con il giusto sound straniante lo snodarsi degli eventi ma neanche questo è sufficiente a persuadere sulla bontà dell’opera.
Film quindi adatto essenzialmente agli inguaribili amanti del cinema tarantiniano ma - forse - anche a chi abbia voglia di confrontare questa opera con l'ultima del regista messicano Alejandro González Iñárritu (Revenant). Entrambi i registi, infatti, portano sul grande schermo storie simili non solo nell'ambientazione ma anche nel riferimento alle origini violente dell'epopea americana (la Guerra di Secessione in questo film, lo sterminio degli indiani in quello di Iñárritu).
AleLisa

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