22 marzo 2012

FILM AL CINEMA - "Magnifica Presenza" di Ferzan Ozpetek

Perché un personaggio ha veramente una vita sua, segnata di caratteri suoi, per cui è sempre "qualcuno". Mentre un uomo - non dico lei, adesso - un uomo così in genere, può non essere "nessuno". (Luigi Pirandello - Sei personaggi in cerca d'autore)

In Pirandello il relativismo psicologico dei personaggi, il dubbio, l’ironia determinano l'inutilità dell'azione, in quanto ciò che conta è l'interpretazione dei fatti compiuti. La nostra stessa personalità è mutevole a seconda di chi la giudica, non corrisponde a quella che crediamo che sia. E noi afferriamo solo l'apparenza degli altri, apparenza che non cessa con la loro morte reale ma con il vanificarsi in noi del loro ricordo.
In questa sintesi filosofica della problematica pirandelliana su realtà e finzione, espressa nella dimensione metateatrale dei Sei personaggi, Ozpetek ha affondato pesantemente le mani e non per ammirazione celebrativa ma piuttosto per indebolimento della sua vena creativa.
Il suo ultimo film presenta senza dubbio un confezionamento raffinato ed elegante, in linea con le sue migliori abilità descrittive, ma non convince affatto nella narrazione. Si entra in una casa di fantasmi che ci apre ad attese che non vengono mai soddisfatte e che piuttosto, verso la fine della proiezione, lasciano nello spettatore un numero ancora superiore di interrogativi. C’è chi ha voluto vedere nella sua pellicola la “trattazione della solitudine”: definizione debole, affatto sostenuta da una narrazione fluida e progressivamente costruita. E se la citazione pirandelliana è la più evidente (qui i personaggi sono otto e non sei), la scena finale sul palcoscenico è la perfetta riproduzione dell’epilogo de "L’ultimo metrò" ("Le dernier métro") di François Truffaut - e non possiamo chiamare fuori dalle citazioni nemmeno la pièce "Questi fantasmi" di Eduardo De Filippo.
Ozpetek sembra limitarsi ad un esercizio di stile - in alcune scene quasi manierista - e per rivendicare la propria matrice non esclude nessuno dei suoi motivi ricorrenti: dall’amore per la buona cucina all’omosessualità, con riferimenti addirittura specchiati da altri personaggi di sue precedenti commedie. Pietro (Elio Germano), seppure in un modesto laboratorio di pasticceria, replica la figura di Davide Veroli (Massimo Girotti), artistico pasticcere ne “La finestra di fronte”.
L’interpretazione di Elio Germano - in questi giorni anche boss della banda del Brenta su Sky - è convincente proprio per la sua ingenuità, per il candido stupore che esprime accanto alle magnifiche presenze della sua casa, che in qualche modo, passate le prime paure, diventano coinquilini di piacevole compagnia.
Un cammeo straordinario quello di Anna Proclemer, che interpreta magistralmente il piccolo ruolo di Livia Morosini e lo scolpisce a tutto tondo durante la conversazione con Pietro all'interno del salotto, definendo l’egoismo come unico valore della sua esistenza.
Al suo settimo film Ozpetek dimostra di conoscere molto bene l’uso del mezzo cinematografico, firmando un pastiche in grado di conquistare probabilmente una larga fetta di pubblico. Ma un film come questo non aiuta certo a vivere, soprattutto per non essere riuscito a dare né indirizzi né svelamenti su quale tematica l’autore abbia voluto cimentarsi.   
Carla Costanzi

1 commento:

  1. In effetti non si capisce cosa il film voglia dire...dove voglia andare a parare la vicenda...quindi innanzitutto l'ho trovato insoddisfacente sotto il profilo estetico...inoltre mi ha lasciato un senso di malinconia e quindi neanche direi che mi abbia aiutato a vivere...

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