19 novembre 2012

FILM AL CINEMA - "Il sole dentro" di Paolo Bianchini

Di fronte a un film come "Il sole dentro" ci si può trovare a provare un disorientamento dovuto alla difficoltà di conciliare l'adesione emotiva nei confronti della storia raccontata con le perplessità relative al risultato espressivo. E non è così semplice parlarne nell'ambito di uno spazio che si propone di utilizzare l'arte come strumento che possa "aiutarci a vivere", coniugando la valenza estetica con quella esistenziale. Si riaffaccia quindi un dilemma già noto: come porsi di fronte ad un'opera come questa? Lasciarsi andare alle ragioni del cuore, sintonizzandosi con l'energia costruttiva del portato umano, o chiamare in causa l'intelletto, avvalendosi degli strumenti della critica cinematografica? Si può provare a conciliare entrambi gli aspetti, partendo dal secondo per arrivare al primo, con la consapevolezza che si tratta di una ricostruzione a posteriori, in quanto la parte emotiva e quella razionale non sono disgiunte nell'immediatezza della visione filmica.
"Il sole dentro" è un film ispirato ad una storia vera, concepito esplicitamente come una parabola morale con intenzioni edificanti, nonché patrocinato da diverse realtà istituzionali (dall'Unicef alla Comunità di Sant'Egidio, da Save the Children alla Figc, ecc.). Se i limiti della messinscena (regia elementare, immagini di stile televisivo e sonoro non sempre accurato) si possono attribuire in parte alla ristrettezza del budget, quelli di scrittura sono facilmente riconducibili allo scopo didattico dell'opera. La vicenda è svolta non senza approssimazioni, a partire dall'alternanza narrativa tra due episodi che temporalmente è impossibile che si svolgano in parallelo. La traversata dei due bambini da Bari alla Guinea viene poi rappresentata in modo troppo poco verosimile, con un tono leggero e spesso ironico, quasi si trattasse di una scampagnata. E gli episodi relativi ai diversi incontri con i personaggi chiave (interpretati da attori noti, quali Giobbe Covatta, Francesco Salvi, Angela Finocchiaro e Diego Bianchi) assumono spesso i connotati della retorica buonista ai confini dello spot sulla cooperazione internazionale.
Cosa resta quindi al termine della visione? Innanzitutto i due giovani protagonisti, interpretati da due attori (Gaetano Fresa e Fallou Kama) che riescono a renderli credibili, strappando anche più di una risata al pubblico in sala. E poi il messaggio finale: anche a partire da una tragedia può originarsi un'espansione di coscienza destinata ad avere ripercussioni nel mondo in termini di scelte concrete ispirate all'amore. L'impatto emotivo alla fine arriva, anche perché lo spettatore sa che una parte della storia raccontata è relamente accaduta. Forse con una sceneggiatura più incisiva il risultato sarebbe stato ancor più coinvolgente.
Pier

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