13 novembre 2012

FILM AL CINEMA - "Skyfall" di Sam Mendes

A cinquant'anni dall'inizio la saga dell'agente segreto più famoso del mondo continua a manifestare una notevole dose di vitalità e, con quest'ultimo episodio, prosegue il percorso di rilettura del personaggio inaugurato nel 2006 da "Casino Royale" ed affidato alla maschera granitica di Daniel Craig. Già la scelta dell'attore è stata chiaramente controtendenziale rispetto allo standard dello 007 cinico e fascinoso, ironico e dallo stile estremamente british rappresentato del trio Connery-Moore-Brosnan, dal quale già si erano distaccate le interpretazioni di George Lazenby e di Timoty Dalton, con esiti però privi di una particolare incisività. La scelta di Craig invece si sta rivelando vincente proprio perché inserita all'interno di una consapevole reinterpretazione, non ostentata ma neanche troppo subliminale, proposta in tono sommesso tra le pieghe della struttura filmica dello spy-action, che non viene mai messa in discussione e funziona quindi come indicatore di continuità per lo spettatore.
Questo nuovo Bond ha meno humor ma più cuore, perde il tocco dandy in favore di una virilità più rude, è amareggiato dalle delusioni, a tratti indurito ed incattivito dagli eventi, mostra segni di cedimento ed è provato dall'avanzare degli anni. Il suo volto è apparentemente meno espressivo, la sua mimica tende all'unidimensionalità ma i suoi occhi rivelano un vissuto emotivo estraneo ai suoi predecessori. In "Skyfall" 007 muore ed aspira alla resurrezione; il suo rapporto con la M di Judi Dench diviene ancor più esplicitamente quello di un figlio nei confronti della madre (che lui sceglie di onorare e proteggere nonostante i margini di irrisolta ambiguità presenti in lei); per la resa dei conti con l'antagonista è costretto a tornare alle sue radici, ad affrontare il suo passato e riappropriarsi dei "feticci" della sua infanzia.
Il film è quindi denso di richiami psicologici come anche di citazioni e rimandi cinematografici, soprattutto ad altri capitoli della serie. Quasi a contrappuntare questa complessità di intreccio e di vissuti evocati, "Skyfall" fa sfoggio di un notevole impianto visivo e cromatico (dai chiaroscuri al gioco di specchi), grazie anche alla fotografia di Roger Deakins. Se un rischio c'è in tutta questa operazione è quello della maniera: viene evitato grazie ad un intreccio accortamente calibrato in fase di scrittura, che si avvale di numerosi comprimari di spessore al fine di dare un respiro maggiore alla vicenda. E funziona anche il confronto con il vilain interpretato da uno Javier Bardem tutto sopra le righe, per quanto quest'ultimo personaggio sia debitore di un immaginario cinematografico che va da "Il silenzio degli innocenti" a "Il cavaliere oscuro" (ma il citazionismo, come si diceva, è esplicito lungo tutto il corso della narrazione). 
Non va dimenticato infine l'alto livello di spettacolarità, con numerose sequenze d'azione tutte rigorosamente coreografate. Per gli appassionati della saga un'altra occasione per guardare con occhi nuovi il personaggio di Bond e le sue avventure; per tutti gli altri un prodotto di evasione dai risvolti non banali.
Pier

2 commenti:

  1. Se i risvolti non sono banali penso proprio che andrò a vederlo. Il 'taglio' che hai dato alla tua recensione mi ha incuriosito non poco. Grazie.

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  2. Grazie a te, Ale, il tuo sostegno è sempre prezioso :)

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