27 novembre 2012

FILM AL CINEMA - "La sposa promessa" ("Fill the Void") di Rama Bursthein

Al suo esordio cinematografico, Rama Bursthein realizza un film formalmente raffinato e capace di toccare temi importanti con sensibilità e delicatezza, rinunciando alle valutazioni concettuali in favore di un’osservazione attenta e che ha il pregio di rimanere aperta.
A farsi notare è innanzitutto la particolare cifra stilistica dell’opera, che, attraverso una messinscena estremamente ricercata, giunge ad un risultato di spiccata essenzialità ed immediatezza. Considerevole il lavoro sulle immagini, pervase spesso da una luminosità diffusa, un chiarore diafano che conferisce evidenza a personaggi e ambienti. Le soluzioni di regia sono calibrate con un’accuratezza metodica, dalla scelta di diversificate angolazioni di ripresa all’andamento che alterna l’uso della profondità di campo (alcuni dei momenti topici non si svolgono in primo piano, mentre la macchina da presa rimane fissa a mostrarci gli eventi da lontano) all’insistenza sui piani ravvicinati (in modo da delineare uno spazio filmico che porta lo spettatore fino ai limiti del claustrofobico). La durata media delle inquadrature è abbastanza lunga e gli stessi dialoghi vengono scanditi con lentezza dagli attori: tutto ciò crea un clima di sospensione che non diventa mai pesante grazie all’intensità che le singole scene riescono a trasmettere (basta pensare ad alcuni momenti di dialogo tra i due protagonisti, densi di una carica erotica tanto più intensa proprio in quanto espressa sottotraccia). E, nonostante il percorso narrativo nel complesso sia un po’ tortuoso, il film si fa seguire senza troppe difficoltà, anche grazie a qualche tocco di ironia o ad un inserto musicale che arrivano puntualmente a stemperare il pathos proprio nel momento in cui quest’ultimo giunge ad un culmine oltre il quale rischia di sovraccaricare lo spettatore.
La vicenda viene raccontata con partecipazione emotiva ma evitando giudizi morali. Certo, la Bursthein (autrice anche della sceneggiatura) fa parte della comunità chassidica ma non critica né propaganda quello stile di vita: cerca di limitarsi a rappresentarlo, concentrandosi sul vissuto umano dei suoi protagonisti. Un vissuto non facile, raccontato in tutto il suo portato di sofferenza. La storia prende le mosse dalla morte per parto di una donna, che lascia il marito ed il figlio appena nato. La fede religiosa è un dato acquisito ma non sempre bastevole a lenire il dolore lancinante fino ai limiti della paura di non farcela. Vengono mostrati i rituali come i momenti di aggregazione di quel mondo e si percepisce inequivocabilmente il senso di sostegno che proviene sia dalla comunità che dalle figure di riferimento. Viceversa, il contesto sociale condiziona sì le scelte individuali ma non risulta soverchiante. La protagonista, per quanto indirizzata esplicitamente ed insistentemente dalla madre, non viene mai costretta alle nozze con l’ex cognato. Spesso sembra essere attratta da quest’ultimo ma quasi non volerlo/poterlo ammettere (magari tantomeno quando la comunità attorno a lei si mostra incline non solo a legittimare ma ad incoraggiare quell’unione). Al contempo sembra dilaniata tra le aspirazioni ideali (pur sempre provenienti dal contesto sociale) ad un matrimonio con un coetaneo (comunque combinato dalle famiglie) e la realtà delle nozze con un uomo più grande di lei (ma ancor giovane ed attraente) che possa salvare anche gli equilibri familiari.
Quella che il film solleva è una riflessione universale sulla libertà e l’amore, senza proporre facili soluzioni ma lasciandoci dei quesiti che risuonano dentro al termine della visione. Gran parte degli spettatori occidentali contemporanei osserverà probabilmente i dilemmi dei protagonisti come appartenenti ad un contesto per lo più estraneo. Ma tutti facciamo comunque parte di un ambiente e ne rispettiamo le regole, anche quando non ce ne rendiamo conto. Quanto siamo effettivamente liberi di scegliere indipendentemente dal condizionamento socio-familiare pur non appartenendo ad una comunità tradizionale e magari chiusa a certi aspetti della (post)modernità?
Pier

Nessun commento:

Posta un commento