5 febbraio 2013

FILM AL CINEMA - "Looper" di Rian Johnson

Uno sci-fi intelligente, che osa proporre un discorso abbastanza originale, al di fuori delle troppo facili convenzioni del genere seppur all'interno di un contesto riconoscibile per lo spettatore, connotato da proiezione distopica, volti noti di Hollywood e confezione analoga a quella di altri film sulla stessa falsariga, quali ad esempio certi titoli di Andrew Niccol ("Gattaca", "In time").
Un plauso quindi all'originalità di ispirazione, nonostante gli esiti siano discutibili sotto il profilo esistenziale: la parabola su destino e libertà sfocia in un'apologia dell'amore e del sacrificio di se stessi non banale ma neanche troppo edificante, con un risultato comunque estremamente malinconico, pur se in parte liberatorio e aperto alla speranza. Non si tratta propriamente di un film incoraggiante insomma, come già si evince dalle scelte stilistiche: le atmosfere sono cupe, lo sguardo insiste spesso sul degrado morale e materiale, la violenza viene rappresentata attraverso soluzioni visive che ne evidenziano la brutalità in modo quasi realistico, pur non rinunciando al gusto coreografico dell'azione.
Ci si ritrova quindi di fronte ad un dilemma consueto: un film in buona parte riuscito ma che sembra non aiutarci a vivere. E comunque, anche lasciando da parte le ragioni esistenziali, "Looper" qualche dubbio estetico lo solleva. A partire dalla coppia di attori protagonisti, bravi sì ma non convincenti fino in fondo: Joseph Gordon-Levitt, nella sua interpretazione tormentata, sembra non trovare la giusta misura, risultando infine scarsamente fluido e quasi un po' forzato; Bruce Willis appare invece poco credibile nell'ostentare un'espressione spesso inebetita in un ruolo superomistico che proviene direttamente dalla tradizione action da lui rappresentata (non mancano le scene in cui, da solo, fa strage di avversari). Dal canto suo Rian Johnson, che scrive e dirige, sembra a tratti incerto sulla strada da prendere: gli spunti ci sono ma manca un vero approfondimento e, in conclusione, pur riconoscendo la singolarità dell'approccio, cosa ci comunica di realmente innovativo?
Pier

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