18 febbraio 2013

FILM AL CINEMA - "Re della Terra Selvaggia" ("Beasts of the Southern Wild") di Benh Zeitlin

Una sorpresa quest'opera prima indipendente, tanto intensa e dirompente nella modalità espressiva quanto capace di piantare nel profondo della percezione un seme - il vagheggiamento dell'armonia cosmica - che sedimenta e germoglia dopo la visione, rivelando il suo effetto vivificante per lo spettatore nonostante le immagini crude e il pathos della narrazione.
Con un andamento molto più vicino alla sintassi lirica che alla prosa narrativa, "Le bestie del selvaggio sud" (titolo come al solito impropriamente tradotto in italiano) si propone come un autentico poema panteista, che intreccia echi culturali (più letterari che cinematografici) a suggestioni tratte dal vissuto concreto di una comunità marginale. Si possono cogliere reminiscenze di Steinbeck o del primo Pasolini nella rappresentazione del vitalismo dei diseredati, che campano alla giornata, tra incoscienza e tenerezza, sbronze e solidarietà. Ma il film non si limita alla radiografia sociale ed inquadra gli eventi all'interno di un orizzonte di senso onnicomprensivo (ben diverso da quello degli autori citati), attraverso il contrappunto costante affidato alla voce over della protagonista bambina Hushpuppy: quello dell'unità del tutto, dell'interconnessione dei fenomeni, dell'universo percepito come totalità all'interno della quale ogni frammento ha la sua parte. E' proprio questa percezione che viene evocata in chi guarda ed arriva dritta all'emotività, in una maniera potentemente viscerale che aggira le secche della mediazione dell'intelletto: proprio perché non veicolata attraverso il distacco della contemplazione ma viceversa fatta scaturire direttamente dalla realtà concreta nella sua evidenza materica, sensibile, carnale. Siamo tanto lontani dalla mistica della rinuncia quanto dalla disperazione del nichilismo (due tentazioni che caratterizzano il contesto in cui viviamo, da cittadini occidentali postmoderni) e la sorpresa è proprio questa: sentirsi rimessi in contatto - attraverso uno squarcio nella coscienza ordinaria operato dall'arte nel suo significato primigenio - con una dimensione che probabilmente appartiene ancora a chiunque di noi, anche se dimenticata o sepolta nel profondo...una modalità di esserci che abbraccia l'io e il mondo, l'universo e la coscienza...un sentire che mantiene tracce primordiali pur nel panorama della società postindustriale (ed un'altro refrain dell'opera riguarda proprio il rapporto tra natura e civiltà).
L'approccio del film è tanto apparentemente semplice quanto stilizzato. Affianca un impianto visivo che potrebbe sembrare di tipo documentaristico con momenti di sapore magico-fiabesco, estrema adesione alla realtà e trasfigurazione fantastica. La macchina a mano, il taglio spesso inconsueto delle inquadrature, i piani ravvicinati che stanno addosso a personaggi, animali, ambiente...come anche la fotografia a tratti ruvida ma capace al contempo di improvvisi squarci luminosi sul paesaggio, la suggestiva colonna sonora, i dialoghi mai abusati ed estremamente incisivi, l'espressività degli attori...tutti elementi che concorrono all'immediatezza di questa poesia per immagini. "Le bestie del selvaggio sud" fa respirare un immediato amore per la vita, che passa attraverso la desolazione, la catastrofe, la resistenza della natura, la fuga dalla civiltà, la malattia e la morte. Ma non si tenti di voler tradurre dialetticamente tutte le possibili simbologie che propone o le chiavi di lettura che offre: si rischia di perderne l'impatto emotivo, che invece può trascinare molto in profondità per farci riemergere in parte rinnovati. 
Pier

3 commenti:

  1. Film incisivo e profondo senza quasi apparire tale. La struttura dell’opera, pur se asciutta, è capace di creare un impatto emotivo efficace grazie alla sensibilità che la pervade.

    La bimba dal nome quasi magico di ‘Hushpuppy’ ascolta il mondo che le vive dentro - e quello che le si muove attorno – poggiando l’orecchio sul cuore pulsante di un animale o di una persona.

    Desiderosa degli abbracci mancati (sua madre è andata via troppo presto) sconfigge ogni sua paura - personificata da orridi animali - preparandosi ad una vita consapevole senza più guide (compresa quella – vacillante - del padre).

    Bella in ogni sua espressione, attrae al primo sguardo ed ammalia con le sue parole.

    Siamo parte di un tutt’uno armonico e all’occhio scrutatore della giovanissima protagonista nessuna alterazione di questo fragile equilibrio sfugge.

    Lei stessa ne è un piccolo pezzo integrante.

    Il mondo le appartiene e lei stessa apparterrà per sempre al mondo.

    La vita è una ‘grande vasca’ nella quale immergerci e nuotare fino alla fine.

    Proprio come ci insegna Hushpuppy.

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  2. Solo poche righe per esprimere quanto questo film mi sia piaciuto.
    Ho soprattutto apprezzato l'interpretazione della bambina, cuore pulsante della storia.
    Poetica, fantasiosa, immaginativa e così tenera, alla quale lo sbandato padre, seppur amandola, si rivolge in termini un pò militareschi: "Non si piange!", "Hey Capo!", "Chi è l'uomo qui?!"...
    E' una bimba che vive immersa nella natura e sente il battito vitale di ogni creatura intorno a sé.
    Una natura nuda, allo stato brado, anche spietata, in cui un uragano le distrugge la casa e il villaggio in cui abita si ritrova inondato.
    E' un film che descrive una vita lontano dalla tecnologia, ma non dall'umanità.
    Umanità intesa come collaborare per uno scopo comune (la costruzione della palafitta), aiutarsi reciprocamente, parlare con gli occhi, vivere sentendo gli altri.
    Valori che una bambina di soli 6 anni ha potuto "insegnarci", o comunque trasmetterci.

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  3. Vilma16/4/24

    Film molto interessante e disturbante/perturbante, sia dal punto di vista stilistico che nei contenuti.
    Ciò che mi ha più colpito è la simbologia dialettica dell'umanità e dell'universo: i due mondi, quello degli esclusi o reietti derelitti privo di ordine, e quello delle regole sociali diciamo moderne, che pretende di portare ordine estirpando le radici; in particolare, per me, la bambina rappresenta tutta l'umanità, tant'è che le viene più volte detto "sei l'uomo" lei sa che tutto è interconnesso, in senso filosofico e mistico, cosa che viene più volte ribadito (se si ammala una piccola parte tutto il mondo soffre e se si cura una parte tutto guarisce) , eppure lei stessa a un certo punto dice che sa che è così ma, quando cerca di fissare/gestire quel pensiero o percezione, allora lo perde. A mio modo di vedere è del tutto specificamente umano ciò.
    Insomma siamo tutti pesci nella vasca e siamo la vasca stessa.
    La bambina è strepitosa, candidata più giovane di sempre all'Oscar, lo avrebbe meritato.

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