24 febbraio 2014

FILM - "Le onde del destino" ("Breaking the Waves") di Lars Von Trier

Avviso: l'articolo rivela dettagli della trama del film
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“Bisogna avere un caos dentro di sé, per generare una stella danzante.“ (Nietzsche)


Nel caso del film di Lars von Trier dal caos non nasce nulla del genere, ma solo un’inquietante e delirante visione nel mondo. La pellicola è un lungo attraversamento di un fiume melmoso che non sfocia mai nell’oceano. Il fango che la corrente porta con sé è intriso di pazzia, cinismo, sadomasochismo, sofferenza fine a se stessa e di una visione religiosa che metterebbe al centro dell’universo un dio perverso.
La trama è tanto semplice quanto le tecniche di produzione di questo film: Bess, una donna vergine ed instabile mentalmente, si innamora di un forestiero di nome Jan che lavora su una piattaforma petrolifera del mare del Nord. La comunità in cui vive Bess è estremamente religiosa, bigotta ed arretrata. I due si sposano in fretta, ma dopo poco tempo il marito rimane ferito sul lavoro e resta paralizzato dal collo in giù.
Nel personaggio di Bess non c’è nessuna crescita né presa di coscienza interiore di ciò che accade all’esterno. Essa, all’inizio un po’ riluttante, inizia ad accondiscendere alle richieste perverse del marito malato. Egli infatti la supplica con insistenza di andare a letto con altri uomini e di raccontargli le sue esperienze sessuali. Il gioco si fa sempre più torbido, le esperienze sempre più squallide e sono sempre vissute con spirito di sacrificio da parte della protagonista. Bess pensa di salvare il marito sacrificandosi, o meglio, martirizzandosi per lui. In questa cornice un dio complice, con cui Bess spesso intrattiene dialoghi comunicando ad alta voce in un botta e risposta tutto animato dalla sua stessa voce, fa sembrare che i sacrifici della protagonista non siano vani. La sua sofferenza e il martirio arrivano fino al consumo dell’estremo patimento: Bess si lascia torturare e uccidere da un pirata satanico e il regista-sceneggiatore ci garantisce egli stesso che questo sacrificio riesce a guarire il marito. Infatti, già per i funerali di Bess, Jan è passato in pochi giorni dal coma e la respirazione artificiale al camminare con le stampelle, riuscendo addirittura a stare in piedi su una nave in un mare agitato.
Nell’ultima parte del film anche lo psicologo che seguiva Bess, che l’aveva considerata ossessiva e perversa, si ravvede e inizia ad introdurre il concetto di bontà. Bess non è più una pazza ma una persona buona, quasi santa, forse vittima della sua stessa bontà. Il film si conclude addirittura con il dio perverso e festante di von Trier che accoglie Bess in paradiso nel clamore delle campane suonanti su nel cielo e che fanno da contraltare alle chiese della comunità fredde e senza campane.
A questo punto non si capisce come il regista voglia combattere una visione religiosa bigotta, dogmatica, giudicante (quella della comunità di Bess) con una bontà altrettanto perversa, cieca e dogmatica (quella di Bess). Sinceramente vedo solo due facce delle stessa medaglia, entrambe da scartare ovviamente. Se questo è l’amore, forse è meglio un calesse…

Nabladue

2 commenti:

  1. Caro Nabladue, mi fa piacere che ti inizi a cimentare con le recensioni!
    Mi trovo fondamentalmente d'accordo con ciò che hai espresso. Ho visto questo film quando uscì al cinema, diversi anni fa; ho quindi seguito Von Trier nelle sue due opere successive e poi basta. Sono tornato a vedere il suo "Melancholia" nel 2011 dietro consiglio di amici. Risultato: non credo che oggi mi riaccosterei al suo cinema.

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  2. Il film ebbe un gran successo ai tempi. Ricordo pero' che non mi entusiasmo' affatto. Eppure ho sempre apprezzato Von Trier. Nel mio caso, diversamente da Pier, potrebbe essere un film da rivedere per provare a capire ed interpretare il film con gli occhi e l'esperienza di adesso.

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