Il tempo, le scelte e il dubbio.
(contiene spoiler)
Questione di tempo affronta uno dei desideri più universali dell’essere umano: la possibilità di tornare indietro nel tempo per sistemare la propria vita. Una seconda chance, il sogno di poter riparare agli errori commessi, spesso generati dall’incertezza degli eventi e dall’ansia che accompagna il loro svolgersi.
Nella prima parte del film il protagonista utilizza questo dono in modo leggero e quasi superficiale, per migliorare piccoli aspetti della quotidianità. Emblematica e divertente è la scena in cui si ritrova alle prese con il reggiseno della sua futura moglie, momento esilarante che sottolinea un uso immediato e materiale del potere.
Con il procedere della storia emergono però i limiti di questa capacità straordinaria. Il protagonista scopre di non poter tornare indietro a prima della nascita dei figli, poiché ogni ritorno comporterebbe il rischio di ritrovarsi una persona diversa al loro posto. Questa consapevolezza segna un passaggio fondamentale: il dono non serve tanto a cambiare gli eventi, quanto a vivere la vita con maggiore pienezza, assaporandola senza l’ansia di ciò che verrà.
Il film smette di chiederci: «Cosa cambieresti?» e inizia a sussurrarci: «Riesci a vedere quanta bellezza c’è in questo istante?».
Il film si muove a lungo sull’idea deterministica che esista un’evoluzione “buona” del tempo, capace di correggere e sostituire quella “cattiva”, come se ogni errore potesse essere eliminato a posteriori. Questa ipotesi, tuttavia, lascia spazio a una riflessione più problematica. L’esperienza insegna che la giustezza delle scelte non è un valore assoluto, ma dipende dal momento in cui vengono compiute e dal contesto in cui nascono. Una decisione può generare conseguenze negative nel futuro ma essere, in quell’istante, l’unica possibile e anche la più giusta.
Amare la propria storia non per come finisce, ma per come è stata vissuta.
Significativo, in questo senso, è il racconto del padre del protagonista. Egli ricorda come fosse riuscito a far innamorare la moglie grazie al suo essere un affascinante fumatore. Un’abitudine che, col senno di poi, potrebbe essere stata una delle cause che ha contribuito a farlo ammalare di cancro e poi a morire. Eppure, nonostante l’esito tragico, non prova rimpianto perché sostiene che, anche grazie a quella scelta, è riuscito ad esercitare un'attrazione sulla sua futura moglie e ciò gli ha permesso di vivere una vita piena, di amare ed essere amato, di avere due splendidi figli.
Il vero elemento fantastico del film, allora, non risiede tanto nella possibilità di muoversi nel tempo, quanto nella capacità di giudicare la propria esistenza. Accettare le scelte fatte, riconoscerne il senso senza ridurle esclusivamente alle loro conseguenze finali. In questo percorso di consapevolezza Questione di tempo riesce ad affrontare temi profondi senza scivolare nella retorica dei sentimenti, grazie all’humor nero tipico delle produzioni inglesi, che alleggerisce la narrazione senza banalizzarla. Emblematica, in tal senso, è la figura dell’amico commediografo del padre, personaggio capace di strappare risate autentiche e convinte, fungendo da contrappunto ironico anche nei momenti più delicati del racconto.
Il film si colloca così in una dimensione profondamente umana e veritiera, dove non esistono scelte assolutamente giuste o sbagliate, ma solo decisioni situate nel tempo. La condizione umana emerge nella sua forma più autentica: il dubbio, non come debolezza, ma come spazio di comprensione e accettazione della propria vita.
Daniele Ciavatti
(Una nota di colore. Sono arrivato in ritardo alla proiezione del film e, mentre cercavo un posto dove sedermi, mi è tornata alla mente la scena di "Io e Annie" in cui Woody Allen si rifiuta di entrare in sala perché la proiezione è già iniziata, anche se solo da pochi minuti. In quel momento ho pensato a come il cinema abbia questa straordinaria facoltà: fornire parole e immagini capaci di dare forma alla nostra esperienza quotidiana. Se Allen le ha date alla mia colpevole sciatteria, Curtis le ha date per raccontare ciò che accomuna ogni esistenza umana.)
Ciao Daniele, ti ringrazio per la tua riflessione su "About time", trovo che colga appieno il significato del film e riesca a farlo percepire meglio proprio nella sua profonda valenza esistenziale...trovo che sia questo il valore aggiunto dello scrivere di cinema in un contesto orientato alla dimensione conoscitiva rivolta alla vita piuttosto che alla circoscritta dimensione estetica
RispondiEliminaGrazie Pier per avermi letto. Alla prossima !!
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