Castellina: quando la politica diventa vita
Nel documentario Luciana Castellina, comunista, Daniele Segre racconta una delle figure di maggiore rilievo della sinistra italiana nel secondo dopoguerra. Dal racconto autobiografico emergono non solo i momenti fondamentali della sua vicenda politica e personale, ma soprattutto il tipo di relazione che legava la classe dirigente di allora alle persone comuni, in particolare ai più poveri e alla classe operaia.
Il film evidenzia una relazione fondata su partecipazione emotiva e autorevolezza morale, radicate in un vissuto concreto e significativo. I dirigenti della sinistra di quell’epoca apparivano come rappresentanti di una sorta di religione laica, capaci di parlare agli ultimi e stabilire con loro una profonda corrispondenza sentimentale, simile a quella di alcuni ambienti del volontariato cattolico.
Emblematico è il racconto della partecipazione di Castellina a una brigata di volontari impegnata nella ricostruzione di una linea ferroviaria nella ex Jugoslavia. La fatica fisica, le vesciche alle mani e lo sforzo quotidiano diventano spunto di riflessione: Castellina aveva sempre pensato che il lavoro fisico liberasse la mente; quell’esperienza le mostrò invece come la fatica occupi interamente l’essere umano, corpo e mente. Da qui emerge un ritratto di classe dirigente capace di parlare alle masse proprio perché aveva condiviso condizioni materiali difficili.
Non è un caso che oggi chi sembra comprendere davvero le difficoltà economiche delle persone provenga soprattutto da ambienti cattolici impegnati nel sociale, come papa Francesco o il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Al contrario, questa sensibilità appare smarrita nella sinistra contemporanea.
Un altro tema centrale riguarda i partiti e la loro evoluzione. Castellina ricorda le prime mostre di pittura nelle sedi del Partito Comunista e come, nelle sezioni, si parlasse di politica ma anche di arte e cultura. I partiti erano luoghi di formazione e partecipazione, capaci di occupare una parte importante della vita delle persone, ben oltre la politica.
A questo ricordo segue un confronto amaro, ma in parte ironico, con i partiti contemporanei, svuotati di senso e progressivamente marginali nella vita quotidiana. Da organizzazioni centrali nella vita collettiva sono diventati strutture incapaci di generare appartenenza e coinvolgimento. Un indebolimento che mette a rischio la solidità stessa della democrazia.
In questo contesto, Castellina racconta le interazioni con esponenti politici oggi divergenti rispetto alle rispettive dirigenze. Con una battuta carica di disincanto chiede se non desidererebbero una “bella espulsione” come quella subita dal gruppo de il manifesto. All’epoca, l’espulsione fu il risultato di un dibattito profondo e drammatico; oggi le opinioni divergenti sembrano non interessare più nessuno, soprattutto le leadership dei partiti.
Un ulteriore aspetto è la scelta di Castellina di non parlare dei propri amori. Un silenzio dissonante rispetto al mondo contemporaneo, in cui gli esponenti pubblici espongono spesso la propria vita privata. Non si tratta di rimozione, ma di una presa di posizione: il privato rimane separato dalla dimensione pubblica, dove contano impegno collettivo, idee e responsabilità. Anche questo non detto contribuisce a delineare il profilo di una generazione per la quale l’identità pubblica si costruiva attraverso le battaglie politiche, non l’esibizione dell’intimità.
Il documentario restituisce così la memoria di una protagonista della sinistra italiana, ma anche il senso di una distanza storica profonda: tra una politica vissuta come missione morale, culturale e collettiva e una stagione attuale in cui il legame con gli ultimi, la centralità dei partiti e la sobrietà del ruolo pubblico appaiono drasticamente indeboliti.
È evidente che in operazioni di questo tipo il rischio di una sterile nostalgia per i “bei tempi andati” sia sempre presente. Tuttavia, il racconto di Castellina riesce a sottrarsi a questa trappola, perché non propone un ritorno al passato né una mitizzazione di una stagione irripetibile. Piuttosto, ci ricorda una verità essenziale della politica: non conta soltanto ciò che si propone, ma la credibilità, la coerenza e la responsabilità di chi quelle proposte avanza. Le idee possono essere grandi, ma senza chi le vive con integrità rimangono vuote parole.
Daniele Ciavatti
Ciao Daniele, concordo in buona parte con il tuo articolo, anche se un accenno alla vita privata la protagonista lo fa, descrivendo la sua famiglia allargata come una "tribù", un momento che ho trovato interessante... Nel complesso ho apprezzato sia il film (un documentario d'autore, come risulta evidente dalle scelte di regia e di montaggio) che l'autoritratto della Castellina, una figura affascinante nel senso più ampio del termine.
RispondiEliminaGrazie Pier per avermi letto. Ciao.
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