16 luglio 2012

FILM AL CINEMA - "Una separazione" ("Jodaeiye Nader az Simin") di Ashgar Farhadi

Partendo dalle vicende personali dei protagonisti, Ashgar Farhadi ci descrive la situazione attuale di un Paese, l'Iran, ancora imprigionato nella lotta tra arretratezza (culturale e religiosa) e tensione all'emancipazione a tutto tondo (da quella femminile a quella più propriamente politico-sociale).
Già con "About Elly" ("Darbareye Elly"), Faradhi - fervido sostenitore in patria di Jafar Panahi, condannato per le sue attività invise al potere - aveva delineato i contorni di una società che fa fatica ad evolversi. In "Una separazione" il conflitto familiare costituisce l'occasione per disegnare una realtà profondamente diversa da quella occidentale grazie ad una vicenda giudiziaria dai tratti grotteschi e surreali nonché, al tempo stesso, tristemente attuali ai nostri occhi.
Il regista non dimentica di narrare la vicenda coinvolgendo la Teheran di oggi, con le sue strade, le sue costruzioni, i suoi edifici pubblici, i suoi abitanti, anche di censo differente, ricorrendo, a tal fine, ad un uso fluido e dinamico - ma sempre attento e puntuale - della macchina da presa. Ciascun personaggio è ben calato nel proprio ruolo, tanto da riuscire a convincere lo spettatore, anche se talvolta la gentilezza dei modi e delle parole può lasciare perplessi e sembrare eccessiva se non fuori luogo. 
La breve ma intensa storia giudiziaria che coinvolge il caparbio Nader offre a lui e alla volitiva moglie Simin la possibilità di ritrovarsi, capirsi ed affrontare uniti una situazione obiettivamente complicata ed articolata. Ma nessun tentativo in questa direzione viene compiuto dai due e neanche la giovane figlia Termeh, sempre vigile e presente, riesce a condurli su questa strada.
I fatti che accadono e le emozioni che ne scaturiscono avviluppano via via lo spettatore in una dimensione claustrofobica e la sensazione di angoscia che inevitabilmente ne deriva appesantisce il film il quale, quindi, difficilmente può definirsi di supporto alla vita. Tuttavia, nel fotografare una realtà storica da noi così distante, il regista ci offre comunque l'opportunità di provare a ripensare, in una chiave diversa, il "sistema" delle nostre relazioni affettive all'interno del contesto sociale in cui viviamo, anche nelle fasi più critiche della vita a due. Né infine va taciuto il ruolo attivo e positivo che viene conferito alle figure femminili e quindi alla donna iraniana, tenuto conto del difficile contesto storico in cui tuttora è costretta a vivere. 
AleLisa

1 commento:

  1. Riconosco che il film è ben scritto, diretto ed interpretato. Personalmente non direi che mi abbia aiutato a vivere, anzi...mi ha piuttosto appesantito, trascinandomi in un universo claustrofobico di malessere e confusione, neanche troppo aperto alla speranza...

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