7 ottobre 2016

FILM al cinema - "Café Society" di Woody Allen

Woody Allen torna al registro romantico con una commedia calata nei ruggenti Anni Venti fra feste roboanti, attori famosi, scrittori di successo, agenti cinematografici indaffaratissimi e night club di grido.
Godibile ma senza troppo pretese, il 47° film dell’ottantenne registra newyorkese stenta a decollare per tutta la prima mezzora prima di riuscire a farsi apprezzare grazie a quel tocco, tipico del buon caro Woody, fatto di idee palpabili, inaspettate e stravaganti (la reunion familiare intorno al tavolo del soggiorno è davvero divertente). Battute e situazioni tragicomiche quindi arrivano (ma senza troppo fragore), mentre la velocità del racconto prova ad aggiungere verve e ritmo a dialoghi ed eventi conditi con humour tipicamente ebreo (e, nel contesto generale, anche la musica, come sempre azzeccatissima, gioca un ruolo importante).
Non tutti gli attori convincono. Poco espressiva, infatti, risulta l’attrice principale Kristen Stewart (Veronica, la bella di turno); decisamente meglio, invece il suo partner Jesse Eisenberg (Bobby, nei panni dell’innamorato imbranato, alter ego del regista).
La tanto amata New York è sempre lì pronta ad essere immortalata da una fotografia d’eccezione (le luci sono, infatti, del pluripremiato Vittorio Storaro e donano un’atmosfera quasi crepuscolare alla film) mentre la voce fuori campo (quella dello stesso Allen nella versione in lingua originale) ci accompagna sino all’epilogo. Il quale apre al sogno, alla fantasia, alle possibilità non solo passate ma anche future quando si dà spazio e sostanza ai desideri più profondi.
AleLisa

1 commento:

  1. Ciao Ale, la tua recensione mi è piaciuta molto anche se la condivido solo in parte. Non ho riscontrato nel film i difetti di ritmo narrativo e di recitazione da te evidenziati. Mi è sembrata una commedia confezionata con estrema professionalità - sia dal punto di vista della messinscena che della recitazione - ma che non dice molto di nuovo rispetto alla filmografia del suo autore (è quasi impossibile vedere un film di Allen facendo finta di ignorare i suoi precedenti, come dovrei fare anch'io secondo le modalità della critica esistenziale!...). Un'opera leggera e poco consistente, esplicitamente manierista fino all'autocitazionismo. Il messaggio non si può dire che aiuti propriamente a vivere.

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