19 ottobre 2018

FILM al cinema - "Blackkklansman" di Spike Lee

Blackkklansman è innanzitutto un’operazione metacinematografica che riflette sul linguaggio, dando al contempo prova di saperlo usare al meglio. Il film è infatti una magistrale lezione di cinema per ritmo, dialoghi, direzione degli attori, colonna sonora e soprattutto regia (nelle angolazioni di ripresa come nell’uso di carrelli e panoramiche lo stile si rivela estremamente coinvolgente, restando pur sempre “invisibile”).
L’autore si fa erede della migliore tradizione del linguaggio filmico hollywoodiano e delle sue regole di narrazione, utilizzate al fine di veicolare un messaggio esplicitamente antagonista rispetto ad alcune tendenze politiche del passato (gli eventi narrati sono tratti da una storia vera) e del presente (i riferimenti a Trump nei dialoghi sono più di una volta espliciti). Lee si confronta in modo dichiarato con il Griffith di Nascita di una nazione (The Birth of a Nation, USA 1915) per contrapporvisi ideologicamente e si richiama nel contempo alla blaxpoitation degli anni ’70. 
Il risultato è, come già detto, notevole dal punto di vista cinematografico, mentre, sotto il profilo esistenziale, può offrire diversi spunti di riflessione allo spettatore.

Pier

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