21 febbraio 2019

FILM in home video - "I miserabili" ("Les Misérables") di Josée Dayan (Francia/Italia/Spagna/Germania/USA, 2000)

(contiene spoiler)

Versione televisiva di circa sei ore (concepita per essere trasmessa in quattro puntate) del celebre romanzo di Victor Hugo, I miserabili è un esempio abbastanza riuscito di spettacolo nazional-popolare con intento divulgativo ed educativo. Le premesse sono quindi pienamente condivisibili dal punto di vista esistenziale.
L'intreccio appassiona, soprattutto per merito dei due protagonisti, grandi attori al meglio delle loro performance: Gerard Depardieu nei panni del forzato Valjean e John Malkovich in quelli dell'ispettore Javert. Si potrebbe obiettare che la loro impostazione interpretativa sia manieristicamente un po' prevedibile nel programmatico equilibrio del primo o nel ricercato effettismo del secondo (in tal caso con la probabile complicità del doppiaggio italiano). Ma se l'impostazione è quella dello spettacolo di massa è normale che la messinscena ricerchi la sollecitazione emotiva dello spettatore e in un'opera come questa l'arte attoriale ha un rilievo fondamentale: Depardieu e Malkovich, che sono capaci anche di altro, si prestano a questo tipo di prova con grande versatilità e notevoli risultati. La semplificazione adottata nella caratterizzazione dei personaggi penalizza un po' i comprimari, che, seppur nella gran parte ben caratterizzati (sempre grazie alle perfomance degli attori, con qualche perplessità per Enrico Lo Verso), scontano a volte una certa unidimensionalità (soprattutto il Thénardier del pur notevole Christian Clavier).
Il ritornello della colonna sonora, nella sua semplicità, è coinvolgente e rimane nella memoria, a caratterizzare certi passaggi della vicenda. La regia è invisibilmente funzionale alla narrazione impostata dalla sceneggiatura. Il ritmo non manca ma si perde un po' nell'ultima parte: indubbiamente l'uscita di scena di Javert/Malkovich non giova all'incisività del racconto e l'epilogo è svolto con un tono forse troppo incline al melodrammatico (compresa l'inquadratura finale, piuttosto deludente -stilisticamente ed emotivamente - come conclusione di una storia di tale portata). E poi - chi scrive non ha letto il romanzo, come probabilmente la gran parte del pubblico a cui è indirizzato il film, quindi non può fare raffronti - che delusione concludere un grande spettacolone edificante (nel senso migliore del termine) con tanta malinconia, che sembra quasi eclissare gli intenti educativi espressi per tre quarti della sua durata.

Pier

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