Dichiaratamente ispirato a film come Fargo di Joel ed Ethan Coen (USA 1994) e Soldi Sporchi (A Simple Plan) di Sam Raimi (USA 1998), il terzo film come regista dell'attore francese Franck Dubosc (che lo sceneggia insieme a Sarah Kaminsky) è una commedia nera che mescola umorismo e spietatezza, cinismo e momenti leggeri, accenni di macabro e squarci grotteschi. Una piccola comunità di montagna nella Francia più remota, una coppia con un figlio problematico che tira avanti senza troppe risorse economiche, il caso che viene messo in scena con i tratti dell'assurdo, la spirale di intrighi (prima) e violenza (poi) che si dipana per l'intero arco narrativo, coinvolgendo diversi altri personaggi con esiti inizialmente poco immaginabili.
Pur nel suo esplicito manierismo, Un orso nel Jura (questa sarebbe la traduzione letterale del titolo originale, molto più calzante di quello italiano) si rivela un'opera riuscita sotto il profilo espressivo, grazie ad una sceneggiatura capace di coinvolgere lo spettatore attraverso il ritmo ma evitando al contempo di calcare la mano su modalità rappresentative eccessivamente disturbanti sia nei toni adottati che nel dosaggio delle immagini più esplicite, ad una regia che riesce ad alternare lo stile secco e concitato proveniente dall'action movie americano a quello più piano da commedia (seppur nera) tipicamente francese, alle musiche di Sylvain Goldberg, all'ambientazione estremamente curata sia negli interni che negli esterni, alle performance attoriali (ai protagonisti interpretati da attori navigati come lo stesso Dubosc, Laure Calamy e Benoit Poolevorde, si aggiungono dei notevoli comprimari come Joséphine de Meaux e Anne Le Ny, oltre al cameo della celebre Emmanuelle Devos).
Dal punto di vista esistenziale il film non offre certo esempi positivi e desta indubbie perplessità una certa simpatia con la quale mette in scena i protagonisti, soprattutto nella seconda parte, quando sono messi a confronto con dei criminali professionisti (e la frase che campeggia sullo schermo nell'epilogo potrebbe ulteriormente rafforzare questa tendenza empatica che l'opera cerca di indurre nello spettatore). Quello che rimane maggiormente è la descrizione di un microcosmo apparente innocuo e bonario che, con l'occasione favorevole, si trasforma, mostrando avidità, tenacia e amoralità. Niente di nuovo ma ben rappresentato.
Pier
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