(contiene spoiler)
Inaspettatamente (considerando la sua filmografia più recente) Paul Thomas Anderson - che scrive, dirige e co-fotografa il film ispirandosi al romanzo Vineland di Thomas Pynchon - mette in scena con notevole maestria un'epica postmoderna cripto-nichilista seppur riscattata dall'apertura finale.
Epica perché la dimensione solenne del contesto è presente e sottolineata da tutti gli artifici della messa in scena, che alterna il titanismo di alcuni momenti con il controcanto ironico quando non esplicitamente grottesco di altri. A tratti i personaggi assumono quasi una statura iconica ma contemporaneamente dialoghi e/o situazioni ne rivoltano in burla la credibilità: si sollecita quindi un certo tipo di adesione emotiva dello spettatore per poi metterla subito in discussione con il risultato di distanziarlo criticamente dalla materia narrata. E qui il postmoderno...ma non solo in questo. Il conflitto rappresentato è sì tra due diverse visioni della vita ma contrassegnate entrambe da un sottofondo nichilista, aspetto che viene esplicitato dalla reciproca attrazione tra i due antagonisti principali dell'incipit, Perfidia e il colonnello Lockjaw, entrambi connotati da una pulsione distruttiva che si esplicita in due diverse ideologie, che, seppur in lotta tra loro, sono solo il rivestimento formale della sofferenza che le sottende. Da questa attrazione consumata nasce Willa, dotata di una forte carica pulsionale che però ha trovato il suo bilanciamento nel più morbido approccio di colui che, pur non essendo il suo padre biologico, la cresce: Bob Ferguson, che viene definito nel film inadeguato alla sua compagna Perfidia, rivoluzionaria da generazioni. Proprio questa "inadeguatezza" gli farà preferire l'amore per la figlia alla spericolata vita da combattente e, questo imprinting probabilmente consentirà a Willa di trovare una strada, prefigurata nell'epilogo, che le consente di vivere la tensione etico-sociale con un equilibrio sconosciuto ai suoi predecessori.
Pier
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