18 dicembre 2013

FILM AL CINEMA - "Blue Jasmine" di Woody Allen

Woody Allen in tutte le sue opere mette a nudo l'animo umano nei suoi acciacchi interiori e lo fa con infinita tenerezza. Abbiamo visto film più o meno riusciti, tutti con un protagonista alle prese col mondo intimo fagocitante. L'amore, il sesso, il marito, la moglie, l'amante, la mamma, lo psicoanalista, la vecchiaia, l'adulterio, l'omicidio, la città, la vita insomma, tutto vissuto in soggettiva. Nei suoi film gli eroi sono quelli che attraversano bufere interiori e conflitti, si applicano con la goffaggine dell'uomo ridicolo nell'esprimere il proprio disagio, la propria verità.
Allen ha trasformato in pellicola se stesso (anche quando la sua vita personale di marito e patrigno è finita prosaicamente sulle cronache) e l'ha potuto fare "candidamente" perché la soave genialità del suo fare cinema glielo consente: mi riferisco a "Tutti dicono I love you" ("Everyone Says I Love You", 1996), "Harry a pezzi" ("Deconstructing Harry", 1997) ed altro. 
La protagonista in quest'ultimo film è Cate Blanchett. La bravura di questa attrice mi ha sempre conquistata, ed in questo personaggio lei è davvero sublime. Jasmine, ricca signora elegante e raffinata caduta in disgrazia, vedova del marito Hal, si trasferisce a San Francisco da New York per andare a vivere in casa della sorella Ginger, che è, al contrario, una donna poco abituata al lusso e poco affine al buongusto, in più madre di due ragazzini grassottelli e giocherelloni. C'é anche il fidanzato di Ginger: Chili, gran lavoratore, innamorato appassionato, uomo genuino che non manca di vedere le partite in tv con l'immancabile birra ed il buonumore. La storia - che non voglio raccontare - si dipana tra presente e flashback. 
Questo è un film sulla fragilità umana e sul cinismo: terribile Hal, che, da marito rassicurante che era (per quanto donnaiolo), ad un certo punto diventa spietato e indifferente, se ne va chiudendo la porta e lasciando la moglie in preda ai rantoli della disperazione. 
La nostra fragile Jasmine è meravigliosa preda di una vita lussuosissima nella quale sembra muoversi a proprio agio. Difficile elaborarne poi il distacco, affrontare il tracollo economico e sentimentale che in questo caso sono profondamente legati. Nessuno dei personaggi è "contro" ma, con le sue miserie, le tenere speranze, la dolcezza e la spietatezza, la realtà s'imporrà nel suo crudele e tenero accadimento. 
Le inquadrature sono impeccabili, così le musiche e gli attori tutti. Alec Baldwin, è perfetto nel ruolo del classico marito opulento. Woody Allen sembra essere una creatura assai problematica ma ci offre dei film che ci fanno riflettere a lungo.
Simona Ciammaruconi

1 commento:

  1. Provocatoriamente verrebbe da dire che questo film può rappresentare il "negativo" di "To Rome with Love", rimanendo comunque all'interno dello stesso orizzonte di valori: sesso, denaro e successo. Il fatto che qui si mostri il lato sofferto della perdita della posizione sociale e dei privilegi economici attraverso la proiezione identificativa che si può generare con la protagonista non cambia la musica: l'autore resta avvinghiato ad un'ottica ristretta, ovviamente parziale e sconfortante; ce la propina come visione della vita, invitandoci ad aderire ad un universo che, seppur messo in scena attraverso una modalità realistica, resta il frutto del suo immaginario. Lo spettatore può però scegliere di non aderire all'invito e, con uno sguardo appena un po' smaliziato, osservare con distacco critico il "come" questa desolazione esistenziale vorrebbe essere trasmessa a chi guarda e, nel decostruirne il meccanismo di comunicazione, prenderne le distanze e lasciarla infine al mittente. Basta seguire alcuni passaggi narrativi per rendersi conto che la sceneggiatura è articolata "a tavolino" per veicolare l'idea di un mondo in cui nessuno può fidarsi di nessuno, dove non si trovano rapporti autentici e gli esseri umani sono per lo più arroganti o stupidi. I personaggi sono talmente maltrattati in fase di scrittura da risultare in alcuni casi poco credibili. Quanto è verosimile che una ragazza (Sally Hawkins) descritta fino ad un certo punto come persona semplice e teneramente innamorata del suo compagno - per quanto succube psicologicamente della sorella più acculturata e di successo - volti le spalle a tutto ciò su cui ha investito affettivamente in una modalità brusca, netta e che si attua nell’arco di un pomeriggio? La modalità non sembra affatto coerente con la psicologia tratteggiata per il resto del film. E quanto è verosimile l’eccessivamente caricata naiveté del personaggio interpretato da Bobby Cannavale? Queste forzature inficiano anche la resa espressiva dell’opera, penalizzata dall’invadenza dell’assunto a scapito della plausibilità del risultato.
    Non sembra certo che ci possa aiutare a vivere questo “Blue Jasmine”: piuttosto, con uno scarto della fantasia, verrebbe quasi da pensare che, nella sua ostentata disperazione, il film chieda indirettamente aiuto allo spettatore, come la sua protagonista.

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