13 dicembre 2013

FILM AL CINEMA - "Temporary Road" di Giuseppe Pollicelli e Mario Tani

Battiato a nudo - quel tanto che basta - in (una) delle sue tante vite parallele. Dalla Sicilia ben presto abbandonata alla Milano in fermento degli anni sessanta, dalla musica elettronica a quella sperimentale e poi ancora a quella pop che conquisterà definitivamente tutti. Un racconto di sé semplice - ed in chiave non troppo documentaristica - condito da un pizzico di presunzione e scandito qua e là dall’accento onnipresente sulle dimensioni "altre" ed "alte" consentite dalla pratica meditativa che apre alla conoscenza profonda di sé, alla vera vita, alla natura ed all’arte in ogni sua manifestazione.
Non manca mai - ovviamente - la sua musica inconfondibile nel ritmo e nelle parole, quella più conosciuta (e non solo) che scopre l’anima a sé, ai suoi ricordi e alla bellezza. Le immagini dei suoi concerti dal vivo che man mano scorrono (e che spingono a cantare quasi di sottecchi) arricchiscono la visione del film che resta così sempre piacevole, calda e coinvolgente.
Per chi conosce già Franco Battiato, la sua storia, il suo pensiero e le sue attitudini, non emergono novità sinora nascoste o verità eclatanti. La sua forza espressiva, quasi a dispetto di quella più squisitamente comunicativa, il carattere libero e fortemente indipendente (quasi ribelle) di chi - come lui - si è distinto dagli esordi nel panorama musicale contemporaneo (italiano e non), si mantengono inalterati nonostante qualche umana - troppo umana - contraddizione che lo identifica da sempre (anzi, proprio per questo F. Battiato ci piace di più).
Eppure, tra una riflessione e l’altra a cui l’artista si presta naturalmente ed alle quali ci induce mentre ci si abbandona all’ascolto di una melodia come "antica" (che cattura e trasporta altrove), il tempo pare trascorrere fin troppo velocemente. Quando il film giunge al termine, infatti, viene quasi da chiedersi perché mai sia già finito mentre le sue note continuano ad accompagnarci rimbombando nel cuore e nello spirito. Il calore delle sensazioni provate e delle emozioni rivissute persiste ed espande la sua essenza ai pensieri dolci e profondi riaccesi dentro di noi.
AleLisa

6 commenti:

  1. Più che ripercorrere la formazione e la carriera di Franco Battiato “Temporary Road” si sviluppa come un film-intervista incentrato sulla sua filosofia di vita, inframmezzato da filmati di repertorio. All'inizio il tracciato sembra seguire un minimo di percorso cronologico ma via via la struttura viene sempre più lasciata andare; qualche informazione viene fornita ma molto sommariamente e stupisce il non trovare neanche un accenno a temi importanti, come ad esempio la collaborazione con Manlio Sgalambro (personalmente sarei stato curioso di sapere qualcosa di più su questo sodalizio che ho sempre fatto fatica a comprendere). Per chi si aspetta un documentario sulla vita e l'opera dell’artista siciliano il film di Pollicelli e Tani può quindi risultare un po' deludente.

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  2. E meno male che non è un documentario sulla vita e sull’opera di Franco Battiato!
    E’, infatti, più un momento di ‘condivisione’ con il suo pensiero che in gran parte già conosciamo (o intuiamo) perché trasfuso nei testi delle canzoni.
    Ed il ritmo della musica che accompagna la visione arriva poi dritto dritto al cuore di chi ama ascoltarlo.
    In questi termini direi proprio, quindi, che il film aiuta a vivere.

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  3. Se entriamo nel merito della condivisione del pensiero che viene espresso la reazione non può che essere estremamente soggettiva...personalmente non mi sono sentito affatto in sintonia con la filosofia di vita espressa da Battiato durante il film, laddove invece ho apprezzato molto la sua arte, segnatamente quella del periodo 1979-1994 (il periodo precedente, quello della musica sperimentale, l'ho trovato un po' ostico; quello successivo, dalla collaborazione con Sgalambro in poi, mi ha lasciato perplesso fin dai primi album e poi non l'ho più seguito). In tal senso non direi che "Temporary Road" mi abbia particolarmente aiutato a vivere ma, intendiamoci, neanche il contrario...Quello che voglio dire è che la visione non sento mi abbia comunicato spunti costruttivi per il quotidiano ma, anzi, mi ha fatto percepire una misura di distanza che sulle prime mi ha anche lasciato stupito, vista l'emozione che mi hanno suscitato molte delle sue canzoni... Ma, a parte il fatto che si tratta di canzoni di diversi anni fa, non sempre l'affinità con un'espressione artistica implica che la stessa affinità ci possa essere anche con l'artista.

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  4. Le mie percezioni, invece, sono state nettamente differenti.
    Nessuna distanza, anzi conferma di quanto carpivo e carpisco ancora (lo sto riascoltando proprio in questi giorni mossa – credo - dalla visione del film).
    Ovvero quelle emozioni che scaldano il cuore, danno benessere e ti stampano in viso un largo sorriso.
    Una musica che mi capisce.

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  5. Alessandro Manna20/12/13

    L'arte, in particolare la musica, è uno strumento emozionale potentissimo e il documentario in questione ha smosso dentro me energie positive che in questo periodo credevo sopite. Le canzoni di Battiato riecheggiano nella mia interiorità dandomi uno slancio che percepisco come necessario (insomma aiutano a vivere.....). Il documentario, è vero, non offre una chiave di interpretazione univoca ed esaustiva dell'opera dell'artista, eppure, con l'uso dell'attenzione, possiamo scorgervi interessantissimi spunti per sprofondare anche in maniera introspettiva nel nostro essere più profondo, al fine di intraprendere un viaggio di esplorazione, che non esito a definire iniziatico, per giungere a nuovi stadi di consapevolezza e di sviluppo spirituale.

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  6. Condivido quanto espresso da Alessandro.
    Pienamente.
    La sua musica mi capisce proprio nei termini espressi nel suo commento.

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