12 settembre 2016

FILM AL CINEMA - "Tommaso" di Kim Rossi Stuart

(contiene spoiler)

Film sconclusionato ma gradevole, Tommaso mette in scena tutta la nevrosi di un uomo completamente irrisolto e talmente incapace di barcamenarsi nella vita affettiva da travolgere anche quella lavorativa.
Ci si chiede: ma gli uomini - nello specifico gli ultraquarantenni di oggi - sono davvero cosi malmessi? E, se lo sono davvero, sono anche cosi impossibilitati ad individuare e coltivare un mezzo efficace per uscirne? Davanti a tanta inettitudine l'unica chance possibile per una donna - anche solo poco più sana - resta quella di darsela a gambe levate. Ed è quello che saggiamente fa la prima delle tre compagne di Tommaso, Chiara, dopo aver comunque sperimentato le sofferenze di un rapporto doloroso. Al quale invece non si sottrae - anzi tutt'altro - la seconda, Federica, che, dopo un anno da virtuosa crocerossina, viene liquidata in quattro e quattr'otto, senza alcuna remora. La terza, invece, Sonia, tutt'altro che partecipe ai dolori del non più giovane Tommaso, prima lo tiene sulla corda e poi, indifferente, non si cura affatto del brusco epilogo di un legame per lei sin dall'inizio inesistente. 
Il ritratto di Kim/Tommaso è davvero sconsolante ed a tratti anche non pienamente credibile per quell'eccesso di enfasi nella recitazione e nelle descrizioni che non trova giustificazione se non - ma in lontananza - in un contesto familiare d'origine fortemente problematico. Nonostante ciò la sceneggiatura resta comunque di buon livello, grazie soprattutto ad una scrittura agile e fluida dei dialoghi, in grado di non appesantire la scena focalizzata sempre sul tormentatissimo protagonista maschile. Cosi come di buon livello risultano le interpretazioni di tutti gli attori coinvolti (Kim Rossi Stuart compreso).
Il film, quasi un'elaborazione in chiave personalissima delle fantasie più intime e delle vicende di cuore del regista/attore, apre ad un finale comunque positivo e questo conferma la gradevolezza d'insieme dell'opera numero due dell'autore romano.
AleLisa


2 commenti:

  1. BREVE PROFILO DI KIM ROSSI STUART CON RECENSIONE DEL FILM “TOMMASO”

    (contiene spoiler)

    Kim Rossi Stuart, uno dei più interessanti tra gli attori italiani emersi negli anni '90, ha percorso ad oggi una carriera che testimonia talento, versatilità interpretativa ed un certo tipo di orientamento nella scelta dei progetti ai quali aderire. Se si scorre la sua filmografia non si trovano tantissimi titoli ma, rispetto agli anni di attività, pochi e particolarmente caratterizzati. Venuto alla ribalta come “bello” cine-televisivo (da Il ragazzo dal kimono d’oro a Fantaghirò), si è via via specializzato in ruoli sempre più complessi e diversificati, con una propensione per i personaggi problematici di diversa natura. In tal senso il suo percorso artistico sembra affine a quello del suo collega d’Oltreoceano, Leonardo Di Caprio, anche lui idolo femminile dalla faccia pulita negli anni ’90, quindi sempre più spesso interprete di protagonisti oscuri o sofferti, con un’evidente selezione dei film ai quali prende parte.
    L’attore romano ha dato voce, con estrema sensibilità ed accuratezza, al disagio psichico (dal Saverio di Senza Pelle - 1994 - di Alessandro D’Alatri al musicista Luca Flores in Piano, Solo - 2007 - di Riccardo Milani); ha interpretato ruoli di romano di periferia, con inflessione e mimica estremamente caratterizzate (dal ragazzo sbandato di Cuore cattivo - 1994 - di Umberto Marino fino al premuroso padre di famiglia in Questione di cuore - 2009 - di Francesca Archibugi); adottando una recitazione complessa e ricca di sfumature, ha vestito i panni di uomini particolari o comunque inquieti (dal Silvano di Al di là delle nuvole - 1995 - di Michelangelo Antonioni e Wim Wenders al Guido di Anni felici - 2013 - di Daniele Luchetti; per la regia di Michele Placido ha dato il volto a personaggi della recente cronaca giudiziaria, da Romanzo Criminale (2005) a Vallanzasca (2010). Non va dimenticata però la sua intensa interpretazione di Gesù ne I giardini dell’Eden di Alessandro d’Alatri (1998), connotata da solarità e dolcezza, quindi di segno completamente opposto alla maggior parte di quelle elencate.
    Kim Rossi Stuart esordisce dietro la macchina da presa dieci anni fa con Anche libero va bene, storia di un bambino cresciuto - assieme alla sorella - esclusivamente dal padre, abbandonato tempo prima dalla moglie. Torna quest’anno alla regia con Tommaso, che sembra essere la rappresentazione della vita dello stesso protagonista diventato nel frattempo adulto.

    (segue sul post successivo)

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  2. (continua dal post precedente)

    Il film si propone come scavo psicologico all’interno di una personalità problematica, dai tratti disturbati, in crisi sia affettiva che professionale. Il fatto che Tommaso sia un attore che rifiuta da diverso tempo le parti che gli propongono e che al contempo vorrebbe esordire come regista espone volutamente la vicenda al rischio di essere connotata da implicazioni autobiografiche.
    La messinscena è incentrata prevalentemente sul protagonista, indugia sulle sue espressioni, come sulle sue conversazioni con gli altri (o a volte con se stesso); i dialoghi la fanno quindi da padroni, con poco spazio affidato alla musica; l’interpretazione, pur professionale, è eccessivamente sopra le righe nella ricerca di un’espressività straniante e allucinata.
    Il tono è cupo e monocorde, mentre il percorso narrativo alterna scene di vita quotidiana a momenti dedicati ai sogni - notturni o ad occhi aperti - del protagonista. Verso l’epilogo l’aspetto visionario prende il sopravvento e si riallaccia troppo direttamente all’immaginario felliniano, indirizzando l’opera verso la maniera. Al di là di questo eccesso citazionista nel prefinale, il film nel suo complesso, pur non essendo caratterizzato da una particolare originalità tematica o stilistica, non manca di un suo vigore espressivo, di una sua intensità drammatica, di una sua sincerità di ispirazione che rendono il risultato quantomeno interessante sotto il profilo artistico.
    Dal punto di vista esistenziale non c’è invece molto da stare allegri: Tommaso, per la gran parte della sua durata, insiste sul malessere e la confusione dei personaggi - di quasi tutti, non solo del protagonista - con scene anche disturbanti, che vanno da manifestazioni di astio urlate ad un immaginario onirico a base di simbologie repellenti. Ne può risultare una fruizione un po’ claustrofobica e faticosa, che rischia di rimanere maggiormente impressa nella memoria dello spettatore rispetto al messaggio di apertura alla speranza della sequenza conclusiva, connotata anche da un mutamento di registro espressivo. Però la catarsi c’è, alla fine arriva e può dare un senso diverso a tutta la vicenda rappresentata.

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