17 maggio 2017

CINEMA D'ESSAI - “Cresceranno i carciofi a Mimongo” di Fulvio Ottaviano (Italia 1996)

Ci sono film che passano alla storia. Altri - la gran parte - che si illuminano di un discreto successo per poi piombare nell’oblio del grande pubblico. Altri ancora, benché non siano altro che semplici commedie, nascondono nella trama e nella sceneggiatura qualcosa di sorprendente, del sapore di futuristica previsione, tale da farci domandare perché non abbiano riscosso maggiore successo.
L’intelligente e frizzante commedia Cresceranno i carciofi a Mimongo ha il grandissimo pregio di anticipare di un ventennio il mutamento sociale che l’Italia (e non solo) avrebbe vissuto in seguito. La commedia affronta infatti con un tono critico e ironico il dramma della ricerca del lavoro di un neolaureato in agraria, che si affida ai precetti di un guru della nuova filosofia-religione della modernità costituita dall’arte della comunicazione. Si anticipano così di un ventennio, oltre alle attuali traversie dei giovani di oggi che vanno in cerca di un posto di lavoro, anche le aleatorie e fumose dottrine di chi invece crea una realtà alternativa fatta di autostima, di capacità oratorie al limite del legale e della pseudo-scienza della comunicazione come controllo psicologico della società.
Nel film tutti questi elementi sembrano futuristici, quasi assurdi, ma danno idea di qualcosa di grande che è solo in fase germinale. Proprio come la scena in cui un personaggio, impossibilitato a rispondere al telefono perché impegnato a vomitare in bagno, viene “coperto” da un amico con la scusa che è “impegnato a navigare su internet”. Così l'opera anticipa una società tecnologica che oggi appare scontata e ovvia ma che allora muoveva i suoi primi passi. Inimmaginabile trasporre la scena ad oggi, in cui internet domina invasivo e tirannico ogni istante della nostra esistenza, in cui siamo connessi ventiquattro ore al giorno e in cui la “navigazione” non è decisamente un evento tanto insolito. Ma è anche la società ad essere mutata e gli insegnamenti tanto bislacchi quanto poco credibili del guru della comunicazione oggi sono, purtroppo, diventati legge, guida e punto di riferimento della stragrande maggioranza dei giovani. In venti anni si è operato un cambio generazionale, durante il quale l’analogico ha lasciato il posto al digitale, il meccanico all’informatico, il cartaceo al tecnologico, le amicizie ai “like” dei social network.
Il film tuttavia, può ancora insegnare qualcosa alle generazioni dei giovani di un ventennio dopo, e cioè che c’è altro oltre il successo, la carriera e il rampantismo: in uno sperduto villaggio del Gabon, dove manca di tutto, ciò che resta, la speranza, è l’indispensabile per vivere. 

Danilo Giorgi

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