5 maggio 2017

EXTRATERRITORIALI - Una riflessione su Maurice Ravel

Il periodo situato tra gli ultimi anni del 1800 e i primi del 1900, che molti si aspettavano essere l’alba di una nuova epoca, ben presto – e con inevitabile mestizia - si rivelò per tutti essere il tramonto di un’altra. Effettivamente i colori tenui, sfumati ed opachi di un’alba ben si confondono con quelli di un tramonto… È tuttavia interessante riscontrare in tutte le arti di quel periodo il comune denominatore o di una esaltata esuberanza, di chi sognava o si aspettava l’inizio di chissà quale esaltante futuro, o i toni infettati da una certa malinconica tristezza. Il decadentismo, enorme corrente culturale al cui interno scorrono diverse sottocorrenti, dalle più disparate e divergenti tonalità, è indubbiamente la chiave di lettura per comprendere il crepuscolo di un’epoca, prima dell’oscurità del primo conflitto mondiale e le tenebre più profonde del secondo. In campo musicale le due correnti possono essere rappresentate dall’esaltante e mistica visione wagneriana, modello di riferimento per centinaia di musicisti contemporanei e successivi, e da quella più “simbolistico-intimista” in particolare dei francesi Maurice Ravel e Claude Debussy.

Ravel in particolare sembra incarnare, oltre che una sostanziale malinconia e mestizia tipica di chi sente e vive (anche e soprattutto a livello inconscio) la fine di un’epoca, anche la fredda e distaccata indifferenza verso le esaltate e illusorie aspettative sul futuro propria di molti colleghi contemporanei. Il musicista francese, la cui vita sembra quasi esser segnata e contraddistinta da tappe di dolore e sofferenza (i numerosi problemi fisici ne minarono a più riprese la sua stessa produzione), sembra comunicarci con le sue opere, in particolare con le composizioni da camera, il freddo e rassegnato distacco verso le passioni, il cinico scherno verso chi crede ancora nelle illusioni e nei sogni umani.
L’umanità sarebbe precipitata nell’abisso della prima guerra mondiale, con la dissoluzione dei grandi imperi ottocenteschi e il conseguente tramonto delle idee di Stato e di politica stessa che per secoli avevano dominato e regolato le vite degli uomini. Ravel ne sarà testimone diretto e con la voce della sua musica da corpo a tutte le sue più profonde inquietudini. Egli non arriverà a vedere l’abominio che condurrà l’umanità ai massacri della seconda guerra mondiale, tuttavia le sue note struggenti, dolorose e cariche di angoscia sembrano in qualche modo preannunciarlo.
Tanti film si sono serviti delle musiche di Ravel, ma uno in particolare, Un cuore in inverno di Claude Sautet (Francia 1992) sembra aver colto la vera anima delle sue note quanto il segreto messaggio di ogni sua composizione, carico di tristezza, malinconia e distaccata rassegnazione nei confronti delle umane illusioni.
Danilo Giorgi

Nessun commento:

Posta un commento