30 ottobre 2025

FILM al cinema - "Bugonia" di Yorgos Lanthimos

 QUANDO IL CINEMA INCONTRA LA PSICOLOGIA

 API, FIORI E ALIENI: UNO SGUARDO SU "BUGONIA" DI YORGOS LANTHIMOS 

(contiene spoiler)

Yorgos Lanthimos è tornato sul grande schermo. Il regista greco con Bugonia, remake di un film del 2003 del regista sudcoreano Jang Joon-Hwan, completa un vero e proprio tour de force che lo ha portato a realizzare tre film in tre anni (Povere creature! - Poor things - nel 2023, Kinds of Kindness nel 2024 e appunto Bugonia nel 2025). Tre film di seguito di Lanthimos e tre film di seguito con Emma Stone come personaggio principale, che arrivano a quattro se aggiungiamo anche La Favorita (The Favourite) del 2018. Un vero e proprio sodalizio quello tra il regista greco e l’attrice statunitense, i quali hanno dimostrato ancora una volta di essere una squadra vincente e convincente. 

In Bugonia troviamo una Emma Stone così come non l’abbiamo mai vista: forte e fragile, manipolata e manipolatrice, protagonista e antagonista. Anche fisicamente è diversa: la troviamo con i capelli completamente rasati e quindi con un look decisamente atipico che ricorda alla lontana la Natalie Portman di V per Vendetta (V for Vendetta) di James McTeigue (USA 2005). Il suo personaggio, Michelle Fuller, è ambiguo. E ambiguità è proprio uno dei primi temi da sottolineare in Bugonia. I personaggi sono ambigui, la narrazione è ambigua, capace di manipolare lo spettatore portandolo a un’interpretazione ovvia dei fatti narrati, rispetto alla quale scopriremo che di ovvio non ha proprio nulla.

Troviamo anche un Lanthimos atipico, a tratti sperimentale: per più di tre quarti del film non siamo in un mondo distopico o dettato da leggi distorte. È tutto molto concreto, all’esterno e all’interno dei personaggi. Personaggi che soffrono, che hanno traumi visibili e invisibili e che generano un senso di compassione, pietà ed empatia nonostante alcune azioni che compiono siano tutt’altro che difendibili. Poi, nella parte finale, lo spettatore è chiamato a misurarsi con il dramma: quello di una società che è incapace di mantenere in vita il pianeta e di comprendere il prossimo. Una società che si autodistrugge e che quando si accorge del pericolo è troppo tardi. Uno schiaffo ben assestato che colpisce chi è davanti allo schermo e lo porta a misurarsi con la percezione, altro tema fondamentale del film di Lanthimos. La realtà che percepiamo e che siamo convinti sia vera e incrollabile si sgretola sotto i colpi delle scene finali di Bugonia. Ed è lì che il tema della percezione si svela in tutta la sua forza e ambiguità.

La percezione in psicologia è un processo costruttivo attraverso cui analizziamo gli stimoli che ci si presentano e li elaboriamo in un’unità dotata di significato. Ma tra realtà fisica (il mondo com’è) e realtà percettiva (il mondo come lo percepiamo) c’è una bella differenza. Si parla infatti anche di realismo ingenuo, ossia della convinzione che esista una completa coincidenza tra la realtà fisica e la realtà percettiva. Questo è stato smentito da diversi esperimenti relativi soprattutto alle illusioni ottiche, tanto che si possono distinguere due errori tipici: l’errore dell’esperienza e l’errore dello stimolo. L’errore dell’esperienza è dettato dall’attribuire alla realtà fisica degli attributi che invece appartengono alla percezione (ad esempio se teniamo una mano per un po’ di tempo in una bacinella d’acqua fredda e poi la spostiamo in una bacinella con dell’acqua a temperatura ambiente, percepiremo quell’acqua come calda, anche se non lo è); l’errore dello stimolo è invece proprio quello che accade nei fenomeni di illusione ottica, per cui non descriviamo ciò che vediamo ma ciò che sappiamo. Bugonia gioca proprio su questo: si articola e si insinua nella nostra mente dandoci l’illusione di una realtà che crediamo sia vera in base alla nostra esperienza, per poi scoprire che era solo una illusione e che nulla è da dare per scontato.

Bugonia, che letteralmente vuol dire "nascita da un bue", si riferisce all’omonimo mito narrato da Virgilio nelle Georgiche in cui il pastore Aristeo, punito con la perdita delle sue api per aver provocato la morte della bella Euridice, viene indotto a compiere un sacrificio: sacrificando alcuni tori, dalle carcasse marcescenti degli animali avrebbe riottenuto le sue api. E così accade: uno sciame di api rinasce dal corpo putrefatto dei tori e Aristeo insegnerà agli altri pastori il metodo della "bugonia". Api e fiori sono proprio le immagini che aprono e chiudono il film: simbolo di vita, organizzazione, resilienza, altruismo. E Michelle Fuller sembra proprio essere l’ape regina: una donna a capo della sua ricchissima azienda farmaceutica, in grado tanto di gestire moltissime persone quanto di insabbiare esperimenti effettuati su cavie umane (tra cui la madre dell’altro protagonista, Teddy Gatz, interpretato da un ottimo Jesse Plemons). Teddy lavora nella stessa azienda di Michelle, ma è un vero teorico della cospirazione; crede che Michelle sia in realtà una andromediana arrivata sulla terra per studiare e analizzare gli esseri umani e architetta assieme al cugino e coinquilino Don, affetto da una neurodivergenza non specificata, il suo rapimento per poter organizzare un incontro con gli andromediani. Follia, delirio. Il film ci vuole portare proprio lì. 

Teddy è un tipo alquanto bizzarro: vive in isolamento col cugino, vive in un mondo tutto suo, fatto di cospirazionismo e paranoia. Soffre per il coma della madre (provocato come abbiamo detto dagli esperimenti farmaceutici dell’azienda di Michelle) e per degli abusi sessuali subiti da Casey, il poliziotto di zona ed ex babysitter, quando era adolescente. È un individuo traumatizzato, in lotta con sé stesso e con forti impeti di rabbia sporadici. Un quadro perfetto per poter un effettuare una diagnosi di squilibrio mentale. È proprio lì che Lanthimos gioca con noi. Ci inganna. Ci porta dalla parte della percezione "normale", dettata da ciò che pensiamo possa essere vero in base a ciò che di solito accade. Invece avviene una vera e propria manipolazione. Ecco un altro tema cardine del film, strettamente legato alla percezione già analizzata. Così come Teddy manipola Don sfruttando il suo ritardo mentale per convincerlo ad attuare il suo piano, Lanthimos manipola lo spettatore con le sue scelte, con i suoi dialoghi, con un punto di vista specifico. Ma la vera manipolatrice è Michelle: essa manipola le persone e le famiglie delle persone a cui ha provocato danni da avvelenamento, elevandosi come benefattrice che copre tutte le spese mediche e cerca una cura per riportarli a vivere una vita normale; manipola Don portandolo a togliersi la vita in maniera inattesa; manipola Teddy facendogli credere che un semplice antigelo possa essere la cura per la madre, provocando la morte della donna; manipola tutti quanti, noi compresi, perché ha tenuto nascosta con un sottile e perverso gioco di confessioni e ritrattazioni la sua vera natura.

È qui che il film raggiunge il suo obiettivo: ci porta a fare i conti con l’"altro". Con l’alieno. Nel vero senso del termine. Un alieno in carne ed ossa e un pensiero alieno, quello del comprendere che nulla è scontato e che un altro punto di vista non solo è possibile ma è anche obbligatorio. L’insegnamento che possiamo trarre dall’opera di Lanthimos è questo: evitare il giudizio, evitare le etichette, fare un passo in avanti per comprendere l’altro anche se tutti intorno a noi remano da un’altra parte. Spesso si rema da un’altra parte per restare aggrappati al gruppo, per non sentirsi isolati e per omologarsi a una società che ancora oggi discrimina tanto. L’unico personaggio che manifesta umanità è Don, colui che viene percepito subito come "diverso", "problematico" o "strano". Don rappresenta la purezza e l’ingenuità che ci permetterebbe di allargare gli orizzonti ed entrare in contatto con ciò che c’è dall’altra parte del muro del pregiudizio. Lo stesso pregiudizio di chi, entrato in sala per vedere il classico film "alla Lanthimos", si ritrova alla fine della proiezione colpito da una riflessione esistenziale tanto cruda quanto concreta.

Marco Aurelio Lorusso

1 commento:

  1. Ciao Marco, interessante la tua analisi del film dal punto di vista della psicologia. Non ho visto "Bugonia" e quindi non aggiungo altro...

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