5 giugno 2012

APPROFONDIMENTI - Breve storia del western all'italiana (4)

4. Il boom del filone
Il triennio 1966-68 è il più prolifico per il filone: in Italia vengono prodotti ben centonovantuno western, molti dei quali, girati in poche settimane con budget bassissimo, escono direttamente in sale di seconda o terza visione. Gli incassi ottenuti grazie a quelli che erano stati spregiativamente definiti "spaghetti-western" permettono al circuito produttivo di investire capitali anche nella realizzazione dei cosiddetti film d’autore, meno sicuri dal punto di vista commerciale. In quegli anni si assiste ad un vero e proprio "boom" dei western all’italiana, che risultano ben presto facilmente esportabili, non solo in Europa, ma nel mondo intero.
 Accanto a chi si preoccupa soltanto di confezionare prodotti di serie, girati con scarso mestiere e basati sulla mera imitazione di formule collaudate, emergono in questo periodo un pugno di registi destinati ad incidere profondamente nel panorama del western all’italiana. Uno di questi è Enzo G. Castellari, autore di film connotati da un programmatico cinismo, come "Vado... l’ammazzo e torno" (1967) o "Ammazzali tutti e torna solo" (1968). Un altro è Michele Lupo che, nella prima delle sue tre incursioni nel filone, "Arizona Colt" (1966), si richiama al tono scanzonato di Tessari. Alla lezione registica di Leone si riallaccia invece Tonino Valerii, che, dopo aver esordito con "Per il gusto di uccidere" (1966), firma "I giorni dell’ira" (1967): interpretato da Lee Van Cleef e Giuliano Gemma, il film intreccia, con una certa originalità, allegoria morale e stile epico. Negli anni successivi Valerii sarà autore di altri western, come "Il prezzo del potere" (1969), una rilettura dell’assassinio Kennedy, o "Una ragione per vivere e una per morire" (1972), ispirato a "Quella sporca dozzina" ("The Dirty Dozen", 1967) di Robert Aldrich.
L’eclettico Giulio Petroni dirige Lee Van Cleef e John Phillip Law in un suggestivo western psicologico, "Da uomo a uomo" (1967). Lo stesso Petroni è il regista di un interessante film in bilico tra l’ironia e la malinconia, "…E per tetto un cielo di stelle" (1968), che narra le avventure di una coppia di amici-nemici, interpretati da Giuliano Gemma e Mario Adorf.
Giuseppe Colizzi firma una trilogia in cui lancia la coppia Bud Spencer-Terence Hill: "Dio perdona… io no!" (1967), "I quattro dell’Ave Maria" (1968), "La collina degli stivali" (1969). Colizzi si dimostra un ottimo professionista del filone, realizzando tre film basati su un cocktail di violenza, ironia e azione, quasi emblematici nel rappresentare una certa "maniera" del western all’italiana. Alla riuscita della trilogia concorrono molteplici elementi: la cura con cui vengono tratteggiati i personaggi e gli ambienti; una messinscena "invisibile" che conferisce alla narrazione la giusta dose di ritmo e di suspense; le musiche particolarmente ispirate di Carlo Rustichelli. I risultati più alti il regista li raggiunge nel secondo episodio, film dal quale prese avvio la moda dei titoli a sfondo religioso.
Nel 1968, anno in cui si produce il numero maggiore di western all’italiana (settantasette film), esce nelle sale "C’era una volta il West" di Sergio Leone, che racconta, attraverso la vicenda della costruzione della ferrovia, la fine di un’epoca mitica ed arcaica, quella del selvaggio west, incarnata da personaggi quali Armonica (Charles Bronson), Cheyenne (Jason Robards) e Frank (Henry Fonda), e l’inizio della società democratica e mercantile, rappresentata da una ex prostituta (Claudia Cardinale) e da un uomo d’affari malato di tubercolosi ossea (Gabriele Ferzetti). Si tratta di un film epico e solenne, in cui la dilatazione temporale, già presente nella "trilogia del dollaro", viene portata all’estremo. Leone rende un omaggio appassionato al western americano, reinventandone personaggi e situazioni tipiche, ma, nello stesso tempo, ne decostruisce il significato dall’interno: dalle macerie dell’epopea della vecchia frontiera nasce una nuova mitologia rovesciata.
Girato in parte nella Monument Valley e distribuito negli Stati Uniti dalla Paramount, "C’era una volta il West" resta il western più ambizioso e complesso di Leone. 
Pier

Nessun commento:

Posta un commento