25 gennaio 2013

FILM AL CINEMA - "Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato" ("The Hobbit: An Unexpected Journey") di Peter Jackson

Un manipolo di Nani, nostalgici delle glorie passate del loro fiero popolo, si appresta a compiere un'improbabile impresa di riconquista della patria perduta con l'aiuto di un mago bizzarro, stranamente umile e modesto ma di grande acume e intelligenza: Gandalf il Grigio. La strategia di questo non consiste nell'ottenere l’aiuto di alleati saggi e potenti - restii nel fornire appoggio ad un popolo schivo ed orgoglioso come quello dei Nani - ma di conquistare alla causa, nel luogo più impensabile e pacifico della terra di mezzo (la Contea, tra la quieta e conformista stirpe dei Mezzuomini, altrimenti noti come Hobbit), un individuo in grado di mettersi in gioco e di scardinare pregiudizi, luoghi comuni e paure, rendendo infine possibile la riuscita del piano più improbabile.
Il protagonista dell’omonimo romanzo di Tolkien è il celebre Bilbo Baggins e l'antefatto del più noto "Il Signore degli Anelli", nella trasposizione cinematografica, pur ricalcando fortemente il messaggio morale dell'epopea del più grande autore del genere fantasy mai vissuto, pecca di scarsa originalità, riproponendo schemi narrativi già visti nella saga precedente, con dialoghi a tratti facili e un po' banali. E quelli che dovrebbero essere i momenti  più coinvolgenti mancano spesso del necessario pathos. 
Eppure questa fiaba cinematografica - nella quale i personaggi digitali quasi superano in quantità quelli interpretati da attori reali - manifesta una sorprendente attualità nel rimarcare metaforicamente la drammaticità dei tempi che viviamo, con particolare riferimento all'inadeguatezza delle élite, sorde alle istanze degli umili e chiuse in roccaforti ideologiche, fredde sia nei confronti dei segnali di pericolo che delle opportunità di riscatto che albergano spesso nei contesti più disparati e meno considerati.
Alessandro Manna

2 commenti:

  1. Pur non sentendomi affine al tono ideologico dell'epilogo, concordo invece sulla parte più prettamente cinematografica della recensione... I difetti del film sono anche per me gli stessi che hai evidenziato... E devo dire che la durata di tre ore stavolta l'ho trovata eccessiva!...

    RispondiElimina
  2. Sai, la durata può essere giustificata dalle necessità narrative proprie di una saga fiabesca: pensiamo a quanti tagli ed omissioni sono stati effettuti nella trasposizione cinematografica.
    Per quanto concerne il tono dell'epilogo non credo che sia ideologico: si tratta di tematiche serie affrontate non solo da sudiosi di scienze politiche ma soprattuto da esperti di sociologia, letteratura ed arte. Basti pensare alle asimmetrie che hanno caratterizzato i processi di globalizzazione a partire dai primi anni '90. Per tornare al filme è curioso e divertente che la parte attiva, propulsiva e creativa sia personificata dagli umili, mentre i saggi alla Saruman e alla Elrond si compiacciono nella loro statica prudenza e "saggezza", per l'appunto....
    Alessandro

    RispondiElimina