28 ottobre 2013

FILM AL CINEMA - "Gravity" di Alfonso Cuaròn

Il film inizia e si viene proiettati nello spazio, con tutta l'evidenza prospettica del 3D, senza punti di riferimento e con una sottile inquietudine che serpeggia già in sottofondo fin dalla prima sequenza apparentemente tranquilla: l'effetto può essere vertiginoso e creare anche un certo malessere, soprattutto se non si è avvezzi agli occhiali tridimensionali. Man mano che lo sguardo si abitua lo spaesamento può diminuire, mentre in compenso la tensione cresce e rimane costante per l'intera durata narrativa, con momenti di più esplicita angoscia e appena qualche sottolineatura effettistica. "Gravity" dispone di un apparato visivo estremamente accurato e di una sceneggiatura che sa come dosare i tempi del racconto, elementi in grado di coinvolgere appieno lo spettatore, unitamente alla performance ed al carisma degli attori. Ma ci si chiede: a quale scopo?
Domanda che deriva innanzitutto dalle aspettative suscitate da un plot fantascientifico che sembrerebbe aspirare ad una dimensione allusiva la quale invece risulta alla fine assente. Un'opera come questa, viste le tematiche messe in campo, avrebbe potuto imboccare la strada dell'astrazione filosofica o della riflessione esistenziale: e invece niente. Sì, qualcuno potrà dire che un "messaggio" esplicito c'è e riguarda la possibilità di affrontare se stessi (il proprio passato, i nodi irrisolti, le paure profonde, la volontà di andare oltre) per poter superare la "crisi" e sopravvivere, approdando anche simbolicamente alla "terra". Ma si tratta di uno spunto non certo così nuovo e soprattutto declinato secondo una modalità convenzional-hollywoodiana che privilegia l'impatto immediato alla comunicazione più profonda, bruciando tutto il potenziale evocativo della messinscena nella reiterata ricerca della frustata emotiva allo spettatore piuttosto che affrontare il rischio di un discorso di più ampio respiro psicologico o mitico-archetipico. E, se rispetto alla sostanza prevale la forma (per quanto di notevole professionalità), viene da farsi anche un'altra domanda: quanto ci può aiutare a vivere assistere ad uno spettacolo di un'ora e mezza che evoca ininterrottamente in chi guarda sensazioni come l'ansia, la tensione, l'inquietudine?
Pier

1 commento:

  1. Caro Pier, sono d'accordo con la tua recensione. Il film "gravita" attorno ad atmosfere ben costruite, piene di intrigante fantascienza, ma non approda a nulla perché poggia sul nulla. Da qui, nel mio caso, l'assenza di vera inquietudine ed ansia. E' lo strato più superficiale della coscienza che viene toccato. Le vere emozioni, però, risiedono altrove.

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