2 ottobre 2013

FILM AL CINEMA - "L'arbitro" di Paolo Zucca

Avviso: l'articolo rivela dettagli della trama del film
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In una Sardegna di provincia, fotografata in un bianco e nero senza tempo, la sfortunata squadra dell’Atletico Pabarile si trascina in un campionato ostile che la relega al fondo della classifica del girone dilettantistico, criticata dai paesani nonché dileggiata dai presuntuosi membri e tifosi della squadra avversaria di Montecrastu. Le speranze sembrano svanire quando il Caso ci mette lo zampino, esordendo nel film in quella che sarà solo l’inizio di una lunga serie di determinanti intromissioni: il rientro dall’Argentina del figlio di un emigrato soprannominato “Sventura” segna il punto di svolta nelle sorti della povera squadra, permettendole, grazie alle performance calcistiche del neo-arruolato bomber, di risalire la china fino ai vertici del campionato. 
Parallelamente si svolge, in un contesto radicalmente differente, la storia di un ambizioso arbitro del prestigioso campionato europeo della FEFA. L’etica e la professionalità di Cruciani (interpretato da un interessante Accorsi) si scontrano drammaticamente con i meccanismi di corruzione di un sistema marcio, all’interno del quale il rispetto “sacrale” per il regolamento da parte del protagonista mal si concilia con le proprie spinte egoiche e carrieristiche nonché con dei meccanismi oscuri volti a conservare ed accrescere il “prestigio” internazionale del campionato stesso. Anche qui un caso stranamente e ambiguamente provvidenziale rovescia le sorti e gli schemi, segnando il declino del personaggio e condannandolo ad arbitrare in Sardegna la finale tra Atletico Pabarile e Montecrastu. La partita si svolge in un seguirsi di errori e colpi di scena, in cui il grottesco paesano e calcistico di provincia quasi copre la drammaticità dell’epilogo sanguinoso di una faida tra cugini che si consuma sullo sfondo degli eventi.
“L’Arbitro” è un opera dai lineamenti indefiniti, non banale e caratterizzata da un costante senso di incompiutezza che attraversa luoghi, tempi e personaggi. Vera protagonista è la Sorte, che, intervenendo a correggere o a complicare ulteriormente le dinamiche di un mondo degradato ed imperfetto, lascia poco spazio alla possibilità di redenzione degli uomini, rassegnati a svolgere un ruolo da eroi western nell’amara commedia della vita.
Alessandro Manna

1 commento:

  1. Ciao Alessandro, bentornato su Cinequale!
    Il film nel suo complesso mi è piaciuto abbastanza: lo trovo fondamentalmente riuscito dal punto di vista cinematografico, mentre, sotto il profilo esistenziale, non credo aiuti propriamente a vivere ma neanche troppo il contrario (dalla visione del trailer pensavo peggio).
    L’impostazione espressiva dell’autore sembra esplicitamente situata sotto il segno dell’esercizio di stile, con evidenti richiami al linguaggio filmico del western all’italiana inaugurato da Sergio Leone (icasticità di alcune inquadrature, particolari angolazioni di ripresa e movimenti di macchina, alternanza tra dettagli e campi lunghi, sospensioni temporali e modalità di contrappunto musicale) e ad un grottesco paesano che ricorda quello di Ciprì e Maresco ne “Lo zio di Brooklyn” (a partire dalla scelta del bianco e nero) depurato però dagli eccessi di cinismo e di volgarità.
    "L’arbitro" trova il suo equilibrio proprio in questo paradossale alternarsi tra accenni di solennità ed immediate smentite sarcastiche, tra vicende tragiche e situazioni esplicitamente comiche. Ed anche l’intreccio tra i due piani narrativi trova la sua ragion d’essere nella composizione finale. A prevalere sembra essere lo sberleffo, che accomuna trionfalmente le sorti dell’arbitro e della squadra protagonista, stemperando in parte i toni drammatici messi comunque in campo durante il racconto. Anche se, a far da contraltare, viene sottolineato l’esito tragico di un conflitto familiare.
    Un’opera comunque meritoria secondo me, soprattutto nel panorama del cinema italiano contemporaneo.

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