29 aprile 2012

FILM AL CINEMA - “Biancaneve” (“Mirror, Mirror”) di Tarsem Singh

Versione aggiornata ad oggi della celebre fiaba dei fratelli Grimm, "Biancaneve" di Tarsem Singh si riallaccia all'immaginario visivo gotico-fantasy di certo cinema hollywoodiano contemporaneo, con tanto di ibridazioni provenienti dall'action-movie. L'intreccio si dipana con una certa fluidità, il ritmo non manca e le scene d'azione sono coreografate in modo appropriato a renderle coinvolgenti. La vicenda è narrata con una buona dose di ironia che strizza l'occhio all'attualità, soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi: la regina - fin troppo facilmente interpretata da una Julia Roberts che svetta sul resto del cast - è una piacente donna non più giovane ossessionata dal suo aspetto esteriore, dal trascorrere del tempo e dal bisogno di trovarsi un marito (interessante la scena del trattamento di bellezza "ante litteram", che fa il verso anche alla chirurgia estetica); i sette nani sono delle vittime dell'emarginazione sociale che li ha costretti a diventare dei briganti, esperti nelle arti marziali; Biancaneve è una capopopolo non priva di un certo carisma che si batte a fianco degli oppressi contro le vessazioni dell'autorità; il principe Alcott, per quanto coraggioso ed abile spadaccino, viene spesso ritratto in momenti grotteschi quando non in atteggiamenti da bamboccione piagnucoloso (a seguito della pozione d'amore).
Nonostante tutti i pregi, "Biancaneve" non convince fino in fondo e lascia l'impressione di un'occasione  parzialmente mancata. Il film sembra essere estremamente condizionato dall'intento di mantenersi all'interno delle convenzioni, di non oltrepassare troppo le aspettative del grande pubblico, col risultato di rimanere sempre in superficie e di non raggiungere mai una vera intensità espressiva: piuttosto che esplorare più a fondo la dimensione archetipale della fiaba, gli autori (Singh alla regia e Melisa Wallack alla sceneggiatura) hanno preferito il "divertissement" della semplice riproposizione adattata ai tempi. E questo è il limite maggiore di un'opera che può rimanere comunque godibile a patto di non pretendere troppo.
Pier

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