1 aprile 2012

FILM AL CINEMA - "Young Adult" di Jason Reitman

Dopo “Tra le nuvole”, Jason Reitman (con la complicità di Diablo Cody alla sceneggiatura) prosegue nella rilettura critica della commedia hollywoodiana, affondando le mani negli stereotipi del genere per riproporli secondo un'ottica rovesciata. Ma, laddove nel suo precedente film - nonostante la rinuncia ad un epilogo consolatorio - veniva rappresentato un percorso di consapevolezza, in questo caso non c'è traccia di alcuna evoluzione nella vicenda della tormentata protagonista. A prevalere è il tono amaro e sarcastico, quasi paradigmatico nel volersi porre come controcanto di un immaginario cinematografico ben presente alla media degli spettatori.
Charlize Theron interpreta al meglio Mavis Gary (bellezza di provincia che adombra le cheerleader bionde e superficiali di molti teen-movie), tanto cinica, sfrontata ed individualista quanto sola, depressa e alcolizzata. Trasferitasi giovanissima in città in cerca di fortuna, ha raggiunto una sua agiatezza facendo la ghostwriter per una serie letteraria per ragazzi. Giunta a trentasette anni, torna nel suo paese natale per cercare di riprendersi il suo ex fidanzato del liceo (che nel frattempo si è sposato ed è da poco diventato padre), dando luogo ad una serie di circostanze spiacevoli.
Reitman e la Cody danno vita ad una messinscena che procede sottotono, scartando sia il regime diegetico forte (la vicenda è priva di episodi particolarmente rilevanti) sia l'esplicita introspezione psicologica in favore di una modalità "descrittiva" che, seppur impietosa, ostenta un certo distacco e raffredda il coinvolgimento emotivo dello spettatore attraverso precise scelte espressive, quali l'insistenza sui dettagli ed il frequente ricorso a sospensioni narrative o ad ellissi temporali. Ed alla fine lo sguardo del duo regista-sceneggiatrice non salva un gran che: se la protagonista può essere al contempo sia odiosa che patetica, il quadretto di provincia è connotato da noia, meschinità, pregiudizi e (seppur fuori campo) violenza.
Forse il limite di questa prospettiva desolante è proprio nel suo proporsi in modo programmatico e un po’ compiaciuto. Resta comunque incisivo (e utile) l’invito a riconoscere il malessere e la confusione come parti integranti della civiltà dell’immagine con la quale siamo in qualche modo costretti a fare i conti.
Pier

1 commento:

  1. Un 10 e lode all'interpretazione di Charlize Theron, bellissima e sexy, quanto insopportabile e detestabile. La storia è debole, pressocchè inesistente, ma il modo in cui Reitman ci getta addosso la desolazione, la superficialità e la triste monotomia di alcune condizioni del genere umano è davvero magistrale, da sentirne il malessere durante tutta la proiezione, come nelle scene di abuso di alcolici quando non di cibo spazzatura. Non c'è pentimento, non c'è redenzione, non ci sono buoni o cattivi. Non aiuta a vivere, però aiuta a prendere coscienza.

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