27 aprile 2012

FILM AL CINEMA - "I colori della passione" ("The Mill and the Cross") di Lech Majewski

Ispirato al dipinto "La salita al Calvario" (1564) di Pieter Bruegel il Vecchio (ed a libro “The Mill and the Cross” di Michael Francis Gibson), "I colori della passione" è coerentemente un film soprattutto visivo, contrassegnato da un impianto antinarrativo, da un ritmo dilatato e da pochi dialoghi. Majewski, autore a pieno titolo (mette mano a sceneggiatura, fotografia e musica), adotta una cifra stilistica estremamente ricercata, che fa convivere l’uso calibrato del digitale con inquadrature prolungate e lenti movimenti di macchina. Un’estrema attenzione è dedicata alla composizione dell'immagine, a partire dall’accuratezza nella ricostruzione dei dettagli fino alle scelte di illuminazione. Tre star non più giovani lasciano il segno con la loro presenza, nonostante siano utilizzate in modalità sottotono: Rutger Hauer (nella parte di Bruegel), Michael York e Charlotte Rampling.
Percorso da squarci di notevole spessore poetico, il film è una sorta di meditazione sulla spiritualità cristiana e sull’arte come trasfigurazione della vita. La vicenda segue alcuni dei personaggi presenti sulla tela (illustrando la composizione di quest’ultima nei momenti dialogati), con forte riferimento alla brutalità della dominazione spagnola delle Fiandre nel XVI secolo. Lo sguardo dell’autore indugia sulle efferatezze dei persecutori come sulla quotidianità umana (dagli amanti corpulenti ai bambini che litigano) con atteggiamento distaccato ed impietoso, che trasmette un punto di vista desolante sull’esistenza. In tal senso, nonostante l’indubbio risultato espressivo, “I colori della passione” può lasciare nello spettatore un senso di malinconia e di pessimismo.
Pier

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