21 dicembre 2012

FILM AL CINEMA - "Troppo amici" ("Tellement proches") di Olivier Nakache ed Eric Toledano

La difficoltà delle relazioni familiari (e più in generale umane) nel mondo d’oggi trova in "Troppo Amici" una narrazione all’insegna di una comicità vivace e coinvolgente, incentrata sul protagonista Alain, padre di famiglia nevrotico ed inadatto ad un ruolo in cui si trova a lottare ad armi impari sia con l’iperattività del figlio Lucien che con l’eccessivo attaccamento della moglie Nathalie al fratello Jean-Pierre e alla sorella Roxane. La separazione inevitabile tra i coniugi porta a seguire le vicende di tutti i personaggi - tra cui segnaliamo in particolare il medico Bruno, fidanzato incerto dell’emotiva Roxane - scandite da difficoltà economiche, aspirazioni frustrate e disturbi del comportamento sociale, problematiche affrontate e infine superate grazie a quella condotta morale da “cozze attaccate ad uno scoglio” propria dei tre fratelli, contestata aspramente da un Alain che è però costretto da parte sua ad intraprendere un percorso di analisi del proprio ego narcisista e a scoprire il valore dell’altro e della pratica concreta della solidarietà, vissuta ed attuata nel quotidiano dalla moglie e dai cognati.
Alcune divertenti trovate narrative come l’interazione con dei gruppi ebraici e induisti hanno il merito di rimarcare, all’interno di un registro fortemente comico, il valore concreto della tolleranza attuata nell’ambito del familiare e dei rapporti affettivi. Nevrosi ed iperattività rappresentano due modalità di rifiuto della realtà che accomunano sia il padre Alain che il figlio Lucien e che trovano uno sbocco positivo nella condivisione della sfera del sogno e dell’immaginario: il palcoscenico su cui il figlio ormai adulto invita il padre a comparire (rimarcando il suo ruolo mitico svolto nel passato come animatore nei villaggi vacanze nei panni del personaggio di “Pipo”) non vuole certamente solo regalare allo spettatore un momento sentimentale e facilmente commovente ma fornirci uno spunto di riflessione su un’alternativa all’annichilimento del proprio ego nell’avvicinamento all’altro. Tale alternativa è chiaramente offerta dalla positività del “non luogo”, dell’utopia intesa come sfera di espressione artistica (nella fattispecie il palcoscenico) adatta a rappresentare - nel libero sfogo della creatività “rivelatrice” dell’attore - le contraddizioni irrisolte e le pecche personali di un’umanità contemporanea che l’affermazione dell’amicizia e della solidarietà, pur indispensabili, non riesce a guarire definitivamente.
Alessandro Manna

2 commenti:

  1. Trovo anch'io molto interessante il taglio esistenziale che Alessandro ha dato a questa recensione. Per me è stato un film abbastanza divertente, giocato su una comicità semplice ed immediata...all'inizio ti scaraventa nel malessere e nella confusione interiori espressi dai protagonisti, poi pian piano traccia una strada di ricomposizione umana ed emotiva.
    Ritengo particolarmente incisivo il passo dell'articolo sul palcoscenico come luogo di catarsi individuale e collettiva, pur dissociandomi affettuosamente dalla nota pessimistica finale :) La stessa scena del teatro può essere interpretata anche come allusiva all'effetto del film sullo spettatore...in un modo o nell'altro il tema che emerge è proprio quello dell'arte che aiuta a vivere ed in tal senso "Troppo amici" rientra a mio avviso tra quelle opere che possiedono una valenza costruttiva. Lo scioglimento dei conflitti avviene in modo forse un po' troppo sbrigativo e consolatorio ma, stando al gioco delle convenzioni del genere (commedia comica alla francese), si può comunque trarre dalla vicenda un messaggio che offre diversi spunti di riflessione.

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