19 dicembre 2012

FILM - "Habemus Papam" di Nanni Moretti

Con "Habemus Papam" Nanni Moretti racconta una storia incisiva che propone diversi argomenti interessanti. Il film si apre con il conclave che deve eleggere il nuovo Papa: l’asciuttezza stilistica ed il rigore quasi geometrico delle inquadrature restituiscono la percezione di un altrove dell’immaginario connotato da una ieratica compostezza che giunge fino all’astrazione. Ma questo incipit contrasta con il registro stilistico successivamente adottato, che umanizza pian piano gli esponenti del sistema gerarchico vaticano già a partire dai momenti dedicati al voto. E, da quando il neoeletto Papa entra in crisi sotto il peso della responsabilità del suo ruolo, lo spettatore si trova a seguire un doppio binario narrativo: da una parte le traversie del Pontefice che fugge alla ricerca della sua vocazione umana; dall’altra l’attesa dei cardinali ai quali si aggiunge lo psicoanalista interpretato da Moretti.
La vicenda del protagonista (che, dopo una vita passata nella Chiesa, a settant’anni esce dall’istituzione per ricominciare da capo, sulle tracce del suo dimenticato interesse per il teatro) ricorda molto da vicino quella di alcuni personaggi di Hermann Hesse, in primis il Magister Ludi Josef Knecht de "Il gioco delle perle di vetro". Ed è questo messaggio umano l’aspetto più profondo del film, al di là delle possibili chiavi di lettura "ideologiche", che comunque non vanno escluse. I momenti dedicati al Papa errabondo sono infatti quelli in cui l'opera trova il suo respiro più vasto e la sua maggiore forza drammatica, per merito sia di una scrittura attenta ed intimista che dell’interpretazione di Michel Piccoli.
D’altro canto i siparietti tra lo psicoanalista e i cardinali, ambientati fra le mura del Vaticano, assolvono ad una precisa funzione, quella di descrivere le gerarchie ecclesiastiche in tutta la loro umanità e fragilità: da chi assume tranquillanti a chi fuma, da chi gioca a carte a chi vorrebbe fare un giro turistico per Roma, da chi si lamenta per la colazione a chi non nasconde le proprie ambizioni. Ma quello che può quindi apparire come un tentativo di mettere in burla i porporati produce viceversa il risultato (consapevole o meno) di orientare a loro vantaggio (e dell'istituzione che rappresentano) le simpatie dello spettatore. Nel tratteggiare questo campionario umano, il film scivola infatti nel bozzettismo e nella caricatura, proponendo un’immagine dei cardinali vagamente naif e sostanzialmente bonaria. Una tale rappresentazione risulta scarsamente verosimile se si pensa che si tratta comunque di uomini di potere che ricoprono un ruolo di rilievo all'interno di un'istituzione diffusa su tutto il pianeta. Ed anche volendo stare al gioco, la scelta della tipizzazione colorita del contorno contrasta con l'approfondimento psicologico a tutto tondo del protagonista: si tratta di due diversi registri narrativi che non risultano affatto amalgamati ma semplicemente giustapposti l’uno all’altro. Il sospetto è che tali momenti servano soprattutto ad accattivarsi lo spettatore, stemperando i toni con un bel po’ di ironia. E non si può dire che regista e sceneggiatori non siano riusciti nell’intento. In tale contesto anche il Moretti attore torna a fare il "personaggio" - come in altri suoi film precedenti - ma stavolta si prende meno sul serio e si esibisce esplicitamente nel ruolo di mattatore, sfoderando tutto il suo carnet di atteggiamenti ed espressioni tipiche: il risultato, almeno per chi è avvezzo alla sua maniera, è francamente divertente e in grado di provocare diverse risate.
E' più che evidente lo sguardo profondamente laico con il quale viene messa in scena la Chiesa Cattolica, i suoi esponenti e la sua dottrina. Col rischio di scontentare molti: se la scena di un Papa che abdica al proprio ruolo può essere di forte impatto emotivo per un cattolico, gli anticlericali è probabile che trovino eccessivamente buonista il ritratto delle gerarchie ecclesiastiche. Film non privo di difetti, irrisolto e disomogeneo, che solleva degli spunti di riflessione ed al contempo alleggersice attraverso sprazzi di comicità, "Habemus Papam" raggiunge un suo spessore espressivo soprattutto come rappresentazione - non priva di risvolti lirici - di certe corde dell'animo umano; nel suo invito a ricominciare anche quando sembra troppo tardi, propone inoltre un messaggio che può aiutare a vivere.
Pier

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