12 aprile 2013

FILM AL CINEMA - "Il figlio dell'altra" ("Le fils de l'autre") di Lorraine Lévy

La vicenda che la regista ebrea parigina Lorraine Lévy porta sullo schermo affronta l’irrisolta questione mediorientale che vede contrapposti gli interessi dello Stato d’Istraele a quelli del popolo palestinese. La maestria e la delicatezza del racconto - che si sviluppa traendo spunto da un errore verificatosi alla nascita di due bambini, uno ebreo e l’altro palestinese - accompagna la visione dell’opera senza che venga mai meno il tatto sapiente e l’intelligenza brillante della narrazione.
Il conflitto, umano e storico al tempo stesso, si percepisce ovunque ma non lascia mai spazio alla chiusura definitiva al confronto, facendo presagire quasi da subito l’apertura a nuove possibilità di comunicazione e d’incontro fra i due popoli. In ciò svolgono un ruolo centrale le due madri, le quali, vivendo appieno il dramma che le ha travolte, esprimono con coraggio il senno e la forza di cui sono istintivamente capaci, consentendo poi anche ai due ragazzi, colpiti da una profonda crisi di coscienza e d’identità, di pensare a sé stessi in modo radicalmente nuovo e diametralmente opposto, provando a diventare l’altro, il nemico di sempre, portatore di valori differenti ma anche testimone della stessa tragedia. Perfino il fratello più grande del ragazzo palestinese ed i due padri, la cui ostilità è originata dall’incapacità iniziale di aprirsi e di comprendere, si arrenderanno all’insopprimibile esigenza di accogliere l’"altro".
Il respiro ampio e sincero che si avverte guardando l’opera ci consente di appassionarci ad essa e di osservare vigili la cruda realtà dei luoghi rappresentati con obiettività e fedeltà (il muro che divide chirurgicamente i due popoli; gli assidui ed estenuanti controlli per varcarlo; la differente esistenza che si vive al di qua e al di là di quel muro, da una parte la ricca, fiorente ed occidentale Tel Aviv, dall’altra il povero, brullo e rurale paesaggio della Cisgiordania, fervido di storia). La fotografia costituisce uno strumento eccellente di raffigurazione di tutti e due i contesti (colpisce, fra le tante, l’immagine del colonnello ebreo che, varcato il muro, cammina nella notte accanto ad esso alla ricerca del figlio). La musica, inoltre, accompagna con garbo il susseguirsi degli eventi, nessuno dei quali è scontato: ogni episodio, infatti, è calibrato con la giusta misura all’interno di una terra geograficamente vicina alla nostra ma incredibilmente distante dalla quotidianità che conosciamo.
Il messaggio di pace e di rispetto fra le due comunità - che da entrambe le parti si sollecita da tempo - è chiaramente rappresentato dall’augurio fraterno che, alla fine, i due ragazzi si scambiano con il pensiero e dalla scena conclusiva nella quale uno dei due, oramai giovane nuovo uomo, rivolge il suo sguardo assorto alla spoglia Cisgiordania.
AleLisa

1 commento:

  1. Ciao Ale, avevi proprio ragione ad insistere a consigliarmi questo film quando era uscito al cinema l'anno scorso. L'ho visto in dvd e mi è piaciuto molto

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