22 aprile 2013

FILM AL CINEMA - "Treno di notte per Lisbona" ("Night Train to Lisbon") di Billie August

Il titolo è accattivante e le prime scene sono bellissime, promettono qualcosa di appassionante che poi, man mano che entriamo nella narrazione, l'opera sembra non mantenere. Posso dire poco per non svelare la trama a chi, come me, va vedere il film senza aver letto il romanzo di Pascal Mercier.
Il protagonista, professor Raimund, appare solo, rassegnato a se stesso ma dolce ed integerrimo. Un imprevisto e quindi un libro tra le mani lo condurranno istintivamente, con una naturalezza incantevole, a Lisbona, per ricostruire una storia accaduta negli anni '70,  durante la resistenza contro la dittatura di Salazar. La ricerca lo conduce a casa dell'autore di quel libro: Amadeu Prado. Quando la storia incomincia a dipanarsi tra presente e passato, lo spettatore viene pervaso dalla malinconica sensazione di dover assistere ad un film noioso. Pochi minuti di intervallo durante i quali penso che il tutto si regge su "poche cose"...ed ecco che alla ripresa, le "poche cose" si animano di energia portante ed entriamo con dolcezza e con dolore nella vicenda che si svolge nella sua crudele bellezza e che alla fine si chiude, anzi, si schiude, come nei migliori accadimenti che necessitano di una catarsi. I personaggi sono belli, appassionati, in cerca di giustizia. Culla di questa vicenda è una Lisbona malinconica e romantica. 
Il professore leggendo il libro ce ne regala dei passi talmente succulenti che varrebbe la pena "fermare" tenendo a portata di mano carta e penna. Gli attori sono tutti notevoli: dall'affascinante e bravissimo Jeremy Irons alla perforante Melanie Laurent, per non parlare di Bruno Ganz, Charlotte Rampling, Christopher Lee... ed altri.
Simona Ciammaruconi

5 commenti:

  1. Il libro lo lessi anni fa... e la sensazione era più o meno la stessa, credo che andrò a vederlo adesso :)

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  2. L'origine letteraria di “Treno di notte per Lisbona” è evidente ma, nel suo essere consapevolmente esibita, diviene elemento valorizzante anziché limitativo. La sceneggiatura quindi funziona, rivelandosi coinvolgente anche attraverso gli espedienti della voce over e dell'alternanza temporale. Uno svolgimento che si fa quindi seguire anche nelle sue programmatiche dilatazioni e riproposizioni narrative, fino ad un epilogo che non si potrebbe immaginare più appropriato e che conferisce ulteriore spessore al percorso compiuto per arrivarci. E i passi del libro di Amadeo Prado, letti dal protagonista durante lo svolgersi della vicenda, per chi è predisposto a un certo tipo di ricerca interiore, possono risuonare in modo effettivamente intenso e suggestivo, al punto da diventare degli indicatori di senso che verrebbe voglia di sviluppare ulteriormente, in un contesto intimo (capisco, Simona, il tuo istinto di trascriverli) o di gruppo (magari un cineforum?).
    I personaggi sono tratteggiati in modo credibile ed appassionante, dal professore che sopravvive in una prevedibile ordinarietà nella Svizzera contemporanea ai protagonisti della storia che si svolge negli anni ‘70 a Lisbona. Uno dei punti cardine dell’opera è proprio il confronto tra la rinuncia alla vita del primo e le vibranti vicissitudini dei secondi, presentati comunque attraverso una modalità piuttosto realistica e priva di aure superomistiche, giusto appena un po’ intrisa di quello che verrebbe da definire come un residuo di romanticismo possibile. A partire dallo stesso Prado, catalizzatore principale delle proiezioni dello spettatore, il quale, nel sentire le potenti citazioni del suo libro, se lo raffigura magari come una sorta di maestro di vita che ha compiuto chissà quali imprese, per poi scoprire, nel dipanarsi della trama, che si trattava di una persona con un’esistenza anche ordinaria, con i suoi limiti e i suoi contrasti. Ed è proprio questo aspetto a farcelo amare ancora di più, perché lo percepiamo vicino a noi, pur nel suo rimanere una sorta di esempio, di testimonianza, sia nell’adesione alla vita che nella ricerca libera e aperta.
    A questi spunti narrativi corrisponde una messinscena contrassegnata da una sobrietà e una misura quasi d'altri tempi, in grado di conferire al film quel tocco vagamente retrò (che, al di là delle ambientazioni anni '70, si manifesta proprio nei momenti che si svolgono ai giorni d'oggi). In tal senso la direzione del veterano Billie August si rivela particolarmente funzionale a tradurre in immagini il copione di Greg Latter e Ulrich Herrmann, attraverso un equilibrio espressivo che qualcuno può scambiare per accademismo. Il tono sommesso e la presenza discreta del regista si fanno invece indicatori di uno stile, contrassegnato anche dalla colonna sonora e dalla fotografia: prova ne sia la Lisbona che emerge dall’opera, fortunatamente lontana dalla rappresentazione cartolinesca che poteva invece essere prevedibile in un contesto di questo tipo e con una coproduzione internazionale. A contribuire non poco alla resa espressiva ci sono poi ovviamente gli attori, sui quali mi associo all’opinione espressa da Simona: dai grandi nomi come Jeremy Irons e Bruno Ganz a quelli forse meno noti al pubblico italiano, tra i quali spicca August Diehl (qualcuno ricorda il maggiore Hellstrom nella sequenza del rendez-vous nello scantinato di “Bastardi senza gloria”?).
    Uno dei film che mi ha maggiormente appassionato in quest'ultimo periodo. Avevo letto un paio di recensioni non certo incoraggianti ma, come di consueto, le ho lasciate da parte per seguire il mio intuito.

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  3. E’ raro uscire da una sala cinematografica con il sorriso stampato sul volto, espressione di un cuore alleggerito, sereno, appagato, quasi incline alla gioia.

    La sensazione che si prova post visione è di apertura alla vita, all’amore, alle possibilità di cambiamento che spesso non cogliamo perché restiamo intrappolati nell'immagine di noi stessi costruita negli anni con la complicità di ciò e di chi ci circonda. Afferrare la vita, succhiarne l’essenza, viverla appieno nella sua interezza: è questa la nostra vera natura, il nostro compito su questa terra. Le immagini nude (ma mai spoglie: Lisbona ci appare nella sua intima bellezza, diurna e notturna), le inquadrature nitide, gli attori capaci (J. Irons è perfetto nel ruolo, ottimo anche Bruno Ganz), la sceneggiatura convincente e la colonna sonora soave offrono anche allo spettatore più esigente un racconto da non perdere.


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  4. Devo dire di aver sottovalutato il film dalle recensioni lette in precedenza, dal titolo che non mi convinceva gran che, dal trailer poco accattivante...
    Ma invece, mi sono fidata dei Vostri commenti, recensioni e consigli riguardo al fatto che fosse un film che merita, e quindi ho deciso di andarlo a vedere.
    L'ho trovato coinvolgente, nella storia narrata, nella scenografia, nella voce fuori campo, quella di Amadeu, che ti incanta con quelle frasi tratte dal suo libro, che vorresti riascoltare al rallentatore.
    Belli i flashback che interrompono la narrazione riportandoti indietro nel tempo a rivivere insieme ai protagonisti i momenti della Resistenza.
    Attori bravi e idonei per i ruoli da loro svolti; mi viene da definirli "delicati", forse perché tutta la storia e l'ambientazione in quella grigia e romantica Lisbona mi ha lasciato addosso una sensazione di leggerezza.
    ... E non è tutto, credo proprio che andrò a comprarmi il libro di Mercier.
    ;)
    Grazie a voi.
    Giulia

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  5. Mi fa piacere constatare che per qualcuno questo sito e la condivisione che lo pervade possa essere di ispirazione nella scelta di un film, con tanto di piacevole sorpresa. In effetti in questo caso quello che abbiamo scritto (io, Simona ed Ale) è in piena controtendenza rispetto all'opinione critica delle testate più popolari del web e che può influenzare non poco lo spettatore nella scelta di cosa andare a vedere. Ecco due esempi:
    http://www.mymovies.it/film/2013/nighttraintolisbon/
    http://www.comingsoon.it/News_Articoli/Recensioni/Page/?Key=22237
    Grazie a te, Giulia, per la condivisione ed il sostegno :-)

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