28 febbraio 2017

FILM al cinema - "Arrival" di Denis Villeneuve

(contiene spoiler)

Sulla falsariga di 2001: Odissea nello spazio di Kubrick o del più recente (ma a sua volta debitore del primo) Interstellar, Arrival è un film di fantascienza esistenziale, allo stesso tempo prodotto hollywoodiano di genere e opera dotata di una sensibilità che solleva interrogativi. Denis Villeneuve e lo sceneggiatore Eric Heisserer (che ha adattato un racconto di Ted Chiang) rielaborano un immaginario fantascientifico cinematograficamente - in gran parte - già noto: si tratta però di un processo che si pone sotto il segno di un dichiarato manierismo postmoderno, con un risultato che è una sintesi originale, dotata di una notevole forza espressiva.
Il film coniuga una messinscena evocativa - nella quale ha grande rilievo il lavoro svolto sul suono e sulle immagini - con una narrazione dai tempi dilatati, fino alla programmatica lentezza di alcune sequenze. L’impianto estetico dell’opera si riallaccia al linguaggio archetipico ed alla dimensione simbolica, che non tralascia spunti inconsci e onirici. Arrival ci parla di paure arcaiche e tratteggia al meglio un’atmosfera che psicoanaliticamente si potrebbe definire “perturbante”, diffusa lungo tutto l’arco del racconto. 
Di fronte a questa dimensione sconosciuta e inquietante le reazioni possono essere diverse e rischiano di convergere verso una risposta distruttiva. Solo chi è in grado di affrontare l’angoscia del confronto potrà risolvere alla fine l’enigma posto dalla presenza aliena, scoprendo che ciò che incuteva timore cela in realtà un dono. Il richiamo al processo psicologico di trasformazione interiore attraverso la presa di coscienza del “rimosso” è più che evidente. 
Da notare inoltre che il mistero viene sciolto dall’elemento femminile della coppia di esperti (linguista lei, fisico lui). Il premio è la possibilità di percepire la realtà al di là del tempo, mentre la protagonista ha doti di prevedere il futuro (e accetta di vivere il suo amore per la figlia nonostante sappia che quest’ultima è destinata ad una vita breve): da qui ulteriori spunti che allargano il discorso dall’ambito psicologico a quello esistenziale e oltre.
Al di là di tutte le possibili interpretazioni razionali, la forza espressiva del film sta proprio nel saper far percepire emotivamente allo spettatore la soglia del mistero e nel riuscire a porlo con immediatezza di fronte allo sconosciuto che è a se stesso.
Pier

1 commento:

  1. AleLisa1/3/17

    Caro Pier, la tua recensione spiega molto bene il film.
    Credo che la sua presa emotiva, intensa e riuscita, sia dovuta ad una narrazione ben congegnata nonostante i dubbi e le perplessità che il racconto comunque genera.
    Pur se si esce dalla sala cinematografica con molti interrogativi il coinvolgimento emotivo permane.

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