25 gennaio 2012

FILM AL CINEMA - "This Must Be the Place" di Paolo Sorrentino

Forse uno dei migliori film del 2011, "This Must Be the Place" sembra costruito per dare fastidio, ci manda un massaggio costante con il quale si fa fatica ad identificarsi. D’altronde come si fa ad identificarsi con un personaggio così sgangherato, così perdente, con quella sua andatura da “non so da dove vengo né dove vado”? Bardato con un vestiario anacronistico, con tanto di cerone sul volto, rossetto esagerato e capelli indicibili...
Quindi il film induce inizialmente un senso di repulsione nei confronti del protagonista, mentre il percorso narrativo che segue ci mette invece in contatto con la sua straordinaria capacità nell’ambito delle relazioni. Innanzitutto non si può non notare che un personaggio così lento giochi alla pelota: uno sport velocissimo che può essere praticato solo da chi possiede notevole agilità. 
Cheyenne aiuta e supporta il giovane ragazzo nella conquista della fanciulla con una disponibilità estrema. Il rapporto con la moglie (che a sua volta non è presentata come una donna bella) è connotato da dolcezza e sensualità. Quando va al funerale del padre ci si immagina che sarà trattato male dalla famiglia, mentre il fratello lo accoglie con affettuosa delicatezza. Nel suo viaggio, quando incontra l'uomo pieno di tatuaggi, il regista ci induce a pensare che sarà sbranato da quest’ultimo e invece ne nasce un rapporto quasi tenero. Una bella ragazza gli si propone e, laddove il luogo comune vorrebbe che un maschio non possa dire di no, Cheyenne invece sorprende, rispondendo che è un uomo sposato. Cheyenne parla con tutti, con tutti produce relazione ed è simbolo di trasformazione positiva. Grazie a lui il bambino risolve la sua paura dell'acqua. Tutti si fidano di lui, come l'amico che gli mette a disposizione il suo adorato SUV. E sublime è la sequenza dove lui dà un passaggio a un vecchio che poi scende in mezzo al nulla: ci saremmo aspettati la tipica invadenza di chi interferisce con la vita degli altri ma Cheyenne non chiede perché il vecchio vuole scendere in mezzo al nulla, Cheyenne rispetta le posizioni altrui.
Cheyenne è così espressivo che quando bagna il gruppo di persone al lato della strada, mentre ci saremmo aspettati che dicesse: “Scusate, non l'ho fatto apposta!”, lui dice che l'ha proprio voluto fare. Cheyenne comprende, non è mai contro, non si contrappone mai. Ascolta in modo diligente il venditore di armi che gli racconta come, con una pistola come quella che ha in mano, si possa ammazzare la gente con il sorriso sulle labbra. Anche lo scopo del viaggio che lo ha portato in giro per gli USA (vendicare il padre dalle vessazioni subite nel lager) diventa secondario. Cheyenne ascolta le ragioni del vecchio ex nazista e la punizione che gli infligge è quella di rimanere esposto al freddo per un tempo che quest’ultimo può decidere. Cheyenne mette in ridicolo lo stesso personaggio del cacciatore di ex nazisti che lo accompagna, non crede nella vendetta, la cosa più importante è il prodotto della relazione con gli altri aldilà di schemi aprioristici. E la scena finale ribadisce che Cheyenne è simbolo di trasformazione nelle relazioni. Lui è capace di trasformarsi...e noi?
Osvaldo Cenci e Simona Ciammaruconi

3 commenti:

  1. Quando l'ho visto al cinema non mi ha entusiasmato. Ero pronto a scrivere un lungo commento nel quale sviscerare dettagliatamente le mie riserve, soprattutto sotto il profilo estetico. Ma dopo aver letto il vostro articolo lo ritengo superfluo.
    La vostra chiave di lettura mi ha indotto a ripercorrere "This Must Be the Place" da un altro punto di vista e mi ha fatto percepire direttamente il fatto che può aiutare a vivere. Personalmente non sento una forte empatia con questo film ma immagino che ad altri possa offrire quegli spunti costruttivi che voi avete evidenziato. E quindi lascio andare con piacere le mie riserve estetiche in favore della vostra proposta esistenziale :)

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  2. A me il film è piaciuto molto, Sean Penn ha interpretato un personaggio così eclettico e fuori dal comune in un modo che ho apprezzato molto, delicato e umile nella sua stravaganza, e ha compiuto il suo percorso di crescita e di chiusura di un "cerchio" della sua vita, che lo ha reso un uomo nuovo.
    Se non aiuta a vivere questo...
    Molte grazie a Osvaldo e Simona per la loro ottima recensione
    :)

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  3. Mi sento in piena sintonia con quanto scritto da Osvaldo e Simona, il film all'apparenza non sembra coinvolgere, ma poi vieni preso dalla "delicatezza", dalla capacità di ascolto di Cheyenne, uno che ascolta tutti. Eppure Cheyenne non è certo un "saggio", ha i suoi problemi, rapporti irrisolti che lo hanno tenuto prigioniero del suo cerone per tanti anni, pur tuttavia attraverso le strade dell'incontro con l'altro, che lo portano in giro alla ricerca del nazista riesce infine a liberarsi da quel fardello, così ben coservato per tanti anni. Che la sofferenza per la morte del padre lo abbia spronato in questa voglia di rinascita sembra la chiave del film, allora mi sembra molto pertinente la frase finale di Osvaldo e Simona: "Cheyenne è simbolo di trasformazione nelle relazioni. Lui è capace di trasformarsi...e noi?"

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