Per chi conosce un poco la filmografia di Woody Allen, “Midnight in Paris” non può collocarsi che nell’ambito della maniera. Il protagonista Gil, interpretato da Owen Wilson, è l'ennesima controfigura dell'autore-attore newyorkese, nella personalità, nelle incertezze, nei modi, nelle aspirazioni. E l'ambiente rappresentato è quello (ormai congeniale ad Allen) di altoborghesi belli, ricchi, eleganti e vincenti, con al massimo qualche indecisione tra la carriera avviata ad Hollywood e le ambizioni da scrittore. Facile e risaputo risulta infatti lo schematismo iniziale, che contrappone l'animo sensibile di Gil alla superficialità mondana e pragmatica della sua fidanzata e del suo ambiente, dalla famiglia (madre consumista e padre conservatore) agli amici, come il narcisista Paul, tanto saccente intellettuale quanto sfrontato uomo di mondo. Ma quest'ultimo, così insopportabile quando lo guardiamo con gli occhi di Gil, è poi così diverso da alcuni di quei personaggi famosi del passato, spesso arroganti e pronti a sedurre la compagna di un amico? Ed è indicativo (nonché probabilmente la traccia più evidente della complessità dell’approccio dell’autore) che il protagonista - e con lui il film - arrivi alla stessa conclusione già anticipata nelle scene iniziali proprio dall’antipatico Paul: che la nostalgia del passato e di altri periodi storici non è altro che la manifestazione della difficoltà ad accettare la vita nel presente per quello che è. E infatti, lasciando andare le fantasie retrospettive, si può trovare se stessi.
Pier
Condivido la recensione di Pier: Midnight in Paris è un film piacevole, divertente e ben confezionato. Ben confezionato come un prodotto realizzato in serie, ma da Woody Allen ci si continuerà ad aspettare sempre qualcosa in più - questa forse è la maledizione che colpisce chi si è dimostrato capace di singolare originalità.
RispondiEliminaQuanto alla tesi di fondo, concordo con l’autore sul fatto che un esasperato ed acritico vagheggiamento dei “bei tempi andati” sia sintomo dell’incapacità di vivere il presente.
Ciò non toglie che la nostra epoca avrebbe molto da guadagnare se fosse capace di recuperare alcuni validi aspetti del passato (personalmente penso ad alcuni saperi tradizionali, ad un più intimo e consapevole contatto con la natura, ad una diversa concezione del tempo e del lavoro…).
Allen, in realtà, appunta la sua attenzione esclusivamente sul fervore artistico ed intellettuale degli anni ’20 del XX secolo. Tale fervore non sembra animare anche i nostri giorni. Tuttavia lo sguardo del regista non cede alla venerazione e, rimanendo equilibrato, mostra con ironici, rapidi schizzi i naturali limiti umani cui non si possono sottrarre neanche coloro che saranno considerati personaggi eccellenti dai posteri.
Concordo, se un artista esprime un grande talento poi le aspettative di chi lo ha apprezzato di solito restano alte...
RispondiEliminaQuanto al rapporto col passato, condivido gli spunti costruttivi che proponi...anche se mi chiedo: quanto può essere realisticamente possibile recuperare aspetti che non appartengono più alla gran parte del contesto contemporaneo? Intendo ovviamente su grande scala, al livello sociale e non individuale...
Forse appartengo alla categoria dei catastrofisti, ma credo che la nostra società un passo indietro debba farlo. Sarebbe bene che lo si facesse per scelta sentita e non obtorto collo! Nel primo caso si avrebbe "una fertile sintesi" di passato e presente; nel secondo caso il recupero sarebbe caotico e come sempre all'insegna della legge del più forte che si accaparrerebbe risorse e saperi.
RispondiEliminaMa così si esula dal cinema!