7 febbraio 2012

FILM AL CINEMA - "Terraferma" di Emanuele Crialese

Immigrazione: è, come sappiamo, una delle questioni sociali più difficili da affrontare. E' fonte di discussione a trecentosessanta gradi perché riguarda da vicino tutti noi: ci dobbiamo misurare con la nostra capacità di accoglienza, di convivenza e di condivisione. Ci dobbiamo confrontare con l'altro da noi, il "diverso" - molto "diverso" - da noi, dobbiamo vedercela, senza mediazione, con la nostra coscienza che smuove il credo religioso, quello politico e soprattutto quello umano personale.
Il cinema, questa grande arte che ci stimola l'anima aiutandoci a vivere, ci ha offerto tanti e grandi spunti di riflessione. Fra questi, "Terraferma" di Emanuele Crialese, film dal titolo rassicurante.
In un’isoletta del Mediterraneo nei pressi della Sicilia, in estate (quindi nel periodo di maggiore affluenza turistica), i componenti di una famiglia, dopo un grave lutto, si confrontano duramente sulle prospettive personali del loro futuro: l'anziano pescatore non vuole abbandonare il suo lavoro; la vedova ancora giovane vorrebbe affittare la casa ai turisti per raccogliere il denaro necessario ad un futuro altrove; il figlio di lei sembra più indeciso, attratto da una possibile vita migliore ma legato anche alla tradizione del nonno pescatore; lo zio, fratello del defunto, è entrato nel perfetto ruolo del cicerone isolano gestendo uno stabilimento balneare con un’allegria professionale quasi "arrogante". Suggestiva la scena in cui dalla barca i turisti, a ritmo di musica, si tuffano in acqua in maniera allegramente coreografica. Intanto dal mare arrivano i migranti e gli isolani devono affrontare l'evento visto da alcuni come una scomoda invasione e da altri come un dovere umano di cui farsi carico nonostante le ordinanze ne vietino l'attuazione. Qui il film propone dei dialoghi a mio parere un poco didascalici e mi chiedo se il tenore reale delle discussioni di chi si trova a vivere certe situazioni sia così "spicciolo", semplice, pragmatico...lo zio dice qualcosa come: “I clandestini disturbano il turismo”…
La lente d'ingrandimento sui protagonisti ce li fa vedere coinvolti in prima persona: ospiteranno una mamma africana col suo piccolo nascondendoli alle autorità locali. Il giovane nipote intanto inizia un tenero approccio con una turista affittuaria…ci prepariamo ad assistere ad un siparietto romantico nella notte in barca sotto le stelle...e invece Crialese ci frusta genialmente con la scena crudelissima del povero ragazzo che nella disperazione della disperazione si vede costretto a scacciare a colpi di remi un gruppo di clandestini che cerca salvezza nella barca. La turista bionda, manco a dirlo, è terrorizzata a morte. Ma il giovane si riscatterà aiutando mamma e piccolo ad uscire dalla Sicilia sfuggendo ai controlli delle autorità.
Figura di grande spessore è l'anziano pescatore: egli è la chiave antirazzista assoluta ed universale del film. Ernesto infatti impone con autorevolezza sublime la morale della morale, che è una sola: la legge del mare che obbliga, con profondo dovere amorevole, chi incontra in acqua una persona in difficoltà ad accoglierla offrendogli la salvezza. Chiunque essa sia. Questa legge - che per quant'è nobile non mi piace chiamarla legge perché, con tutto il rispetto per le istituzioni, sembra proprio dettata dalla natura - assolve tutti, a partire da noi spettatori. Assolve il regista perché secondo me anche lui si è trovato - o almeno mi ha trasmesso questo - nella difficoltà di approfondire con nuovi confronti il tema dell'immigrazione che rimane comunque, come dicevo in apertura, uno dei temi più complessi da affrontare con giustizia. Sarà che secondo me il cinema è lo strumento prezioso che più di tutti consente di sublimare anche il più nefasto degli accadimenti...mi aspettavo una soggettiva maggiore dal punto di vista dei bisognosi.  
Simona Ciammaruconi

1 commento:

  1. Ho apprezzato questo film già per il solo fatto di avermi messo in contatto con una realtà che non conosco direttamente. Trovo equilibrato l'approccio complessivo proprio perché si compone di diversi punti di vista rappresentati dai singoli personaggi che hai elencato, mentre lo sguardo del regista osserva, cercando il più possibile una certa "oggettività". Nonostante il delicato tema trattato, "Terraferma" non scivola nell'ideologico e trova a mio avviso la sua forza proprio nel riuscire a creare quel disorientamento che può scuotere la coscienza dello spettatore senza poi offrire facili risposte. Se riesce ad indurre in qualcuno un'espansione della consapevolezza è già un film che può aiutare a vivere. Inoltre la vicenda lascia aperta la porta alla speranza, affidata alla solidarietà "naturale" che affiora tra esseri umani.

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