12 marzo 2014

FILM AL CINEMA - "Allacciate le cinture" di Ferzan Ozpetek

Avviso: l'articolo rivela dettagli della trama del film
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A conferma di una vis espressiva in discesa da tempo, il nuovo film del regista Ferzan Ozpetek delude le aspettative di quanti, abituati ai risultati de "Il bagno turco" o de "Le fate ignoranti", chiedono all’autore un’opera all’altezza di quelle. Oramai mancano - purtroppo - le atmosfere affascinanti e profumate che abbiamo imparato ad amare nelle sue pellicole più datate, come anche la loro seducente forza comunicativa e quella peculiare sensibilità aggraziata.
La storia, questa volta, è quella di una giovane donna (Elena, la brava attrice polacca Kasia Smutniak) che, innamoratasi del bel giovanotto di turno Antonio (tanto rozzo quanto ignorante), finisce per sposarlo. Dopo tredici anni di matrimonio, la protagonista - che nel frattempo ha dato alla luce due figli - si ammalerà mortalmente di cancro. 
Film drammatico, quindi, ben girato e dotato di belle inquadrature nonché di una fotografia riuscita (sono sempre d’effetto, inoltre, gli ambienti che propone il regista turco). Ozpetek d’altra parte conosce il mestiere di fare cinema di qualità e, anche in questo caso, riesce ad escogitare trovate sapienti come la lunga sequenza iniziale (degna di notazione in sé stessa) e l’escamotage che porta alla conclusione della narrazione. 
"Allacciate le cinture" resta però un film abbastanza scontato e senza nessuna particolarità di rilievo. Sebbene anche gli altri attori convincano (così come la sceneggiatura), l’unico risultato che si ottiene è che la vicenda si lascia seguire d’un fiato dall’inizio alla fine. L’amore tra Elena ed Antonio, però, convince decisamente meno, soprattutto se paragonato alla sincera amicizia tra Elena ed il collega/amico gay Fabio. Insomma, l’impianto filmico creato non basta a farne un'opera riuscita. Ozpetek potrebbe realizzare molto di più di un semplice melodramma dai toni lievi e delicati (che non sono comunque, va precisato, mai superficiali). Allo spettatore quindi la scelta se rischiare o meno di rimanere - almeno un po’ - delusi dalla visione.
AleLisa

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