31 marzo 2014

FILM AL CINEMA - "Smetto quando voglio" di Sydney Sibilia

Sulla falsariga della tendenza inaugurata da film come Trainspotting (Danny Boyle, 1996) e Fight Club (David Fincher, 1999), Smetto quando voglio è una commedia tanto ben orchestrata quanto cinica e diseducativa. La crisi economica e il disagio dei ricercatori universitari vengono usati come puro pretesto per impalcare una vicenda piena di inverosimiglianze, che vorrebbe essere scanzonata e magari pretendere anche di nobilitarsi con la scusa della radiografia sociale.
I protagonisti, tutti intellettuali di gran pregio, vengono ritratti come delle figure prive di qualsiasi spessore morale, che vanno più o meno incontro alla degenerazione. Ma la messinscena furbetta strizza l'occhio allo spettatore, inducendolo all'empatia nei confronti dei personaggi rappresentati attraverso tutti gli espedienti cinematografici ad effetto desunti dall'immaginario anglosassone al quale si faceva riferimento all'inizio: dal ritmo narrativo alla fotografia, dal montaggio alla regia, dalla colonna sonora alle battute divertenti. E tanto più la maestria "tecnica" coglie nel segno, tanto peggio è per il risultato in termini esistenziali: se si viene ammaliati dallo scintillante involucro cinematografico si può essere più inclini ad aderire ad una rappresentazione falsificante e ad identificarsi con il vuoto di valori che la sottende. 
Pier


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