15 marzo 2017

CINEMA D'ESSAI - “Bad Guy” ("Nabbeun namja") di Kim Ki-duk (Corea del Sud 2001)

(contiene spoiler)

Qualcosa di profondamente destabilizzante, di doloroso, estremo e forse anche fastidioso permea la produzione del regista coreano Kim Ki-duk, in particolar modo i suoi primi film. Tra questi, uno dei più inquietanti è sicuramente Nabbeun namja (2001), tradotto poi in inglese come Bad Guy.
Nel film il tema della prostituzione, già duro e di difficile digeribilità, irrompe e devasta la vita normale di una adolescente con violenza inattesa e imprevista crudeltà. Il mondo felice e spensierato ma anche banale e frivolo di una comune ragazza di città viene letteralmente devastato e sconvolto dall’incontro casuale e fortuito con un boss della malavita. L’errore ingenuo della ragazza poi farà precipitare gli eventi. 
Lo spettatore si trova suo malgrado coinvolto nella spirale di soprusi, violenza e sfruttamento senza possibilità di fuga. Gli equilibri rotti, la moralità saltata e l’impossibilità di salvezza destabilizzano e infastidiscono la nostra etica di giudizio; l’immedesimazione inevitabile in ogni film non può che farci rigettare come sbagliato quanto vediamo. Eppure il regista ha in serbo proprio nel finale un colpo di magia, un completo sovvertimento di giudizio e, con un magistrale ribaltamento di valori, trasforma ciò che era buono in banale e ciò che era cattivo in poetico. 
Qualcosa di dostoevskiano aleggia nel protagonista maschile e forse ancor più in quello femminile. Lo smarrimento iniziale diventa così vero e proprio disorientamento e il lieto fine, che lieto non è, contrastando con i nostri valori sociali e culturali borghesi frantuma i nostri punti fermi, le nostre certezze, lasciandoci un senso di straniamento simile a quello che i koan (racconto paradossale atto a risvegliare chi medita verso nuovi e diversi aspetti della realtà) della filosofia zen lascia ai monaci in meditazione. Straniamento che, pur essendo doloroso e destabilizzante, è foriero di profonde speculazioni intime e, come un potentissimo fertilizzante, fa nascere in noi la percezione di un altro e diverso modo di pensare.
Danilo Giorgi

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