31 marzo 2017

CINEMA D'ESSAI - "Arca russa" ("Russkij Kovčeg") di Aleksandr Sokurov (Russia/Germania 2002)

Si può essere del tutto inesperti o incompetenti in cinematografia, si possono avere gusti completamente opposti o divergenti ma chiunque, dopo la visione dello straordinario capolavoro di Aleksandr Sokurov Arca russa (Russkij Kovčeg, Russia/Germania 2002), non può che riconoscerne la grandiosità. Si tratta di un’opera indubbiamente atipica nella sceneggiatura, nell’ambientazione e nella realizzazione. Il film consiste in unico piano sequenza di circa 90 minuti (ci vollero ben tre tentativi per realizzarlo), con la partecipazione di oltre 4500 comparse (di cui quasi un quinto attori), interamente girato all’interno delle sale del palazzo-museo dell’Ermitage di Pietroburgo.
Il protagonista di questo documentario è una voce narrante (mai identificata) che dialoga con il personaggio storico del marchese Astolphe de Custine, che funge da guida attraverso una passeggiata lungo i corridoi, le sale e le ali dell’immenso edificio. Il marchese, a metà del XIX secolo, si recò effettivamente in Russia e, al rientro in Francia, scrisse un reportage che divenne ben presto un vero e proprio best-seller. Nelle sue memorie di viaggio tuttavia lo scrittore descrisse con toni molto critici l’indubbia arretratezza della società russa (era ancora presente la servitù della gleba), l’immobilismo burocratico, l’autoritarismo dispotico dei politici e la povertà della popolazione. La vena polemica si inserì appieno in quella querelle intellettuale che vedeva l’intellighenzia culturale russa dividersi tra slavofili ed esterofili.
Il film dunque segue, lungo il cammino nelle sale dell’Ermitage, il percorso storico dell’Impero russo, dalla sua nascita sotto il regno di Pietro il Grande fino praticamente ai nostri giorni. Protagonista indiscusso è tuttavia l’Ermitage stesso, cassaforte della cultura e della civiltà russa. Un Palazzo immenso, depositario dei più grandi tesori dell’umanità intera, arricchito delle collezioni più prestigiose nel corso del regno dei diversi zar. I beni preziosi all’interno sono inestimabili e spaziano dalle pitture alle porcellane, dalle statue agli arazzi, dai monili ai pezzi d’arredamento, per un totale di oltre tre milioni di opere, dislocate in 374 sale, 50 mila metri quadrati e 24 chilometri di esposizione… 
Proprio questa maestosità è ciò che contraddistingue la cosiddetta “anima russa”, capace delle più profonde speculazioni filosofiche e artistiche quanto delle più efferate e nefande crudeltà ma indubbiamente ampia come l’immensità del suo territorio. Il Museo, nel film, è tuttavia un’arca atemporale di un periodo ormai destinato a tramontare per sempre (lo si comprende solo nella scena finale), sospesa sopra un oceano dai marosi che montano come la folla violenta e assetata di vendetta dei rivoluzionari d’ottobre.
Come già detto, Arca Russa è dunque un viaggio attraverso la cultura e la storia di un popolo, raccontandone con brevi scene alcuni momenti del suo passato, dei suoi personaggi, con tutte le loro contraddizioni e grandezze, miserie e nobiltà, nonché esaltando la bellezza dell’arte e delle varie produzioni artistiche custodite nel Palazzo d’Inverno.
Danilo Giorgi

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