24 settembre 2012

FILM AL CINEMA - "Pietà" ("Pieta") di Kim Ki-Duk

Il film vincitore del Leone d'Oro alla Mostra di Venezia 2012 offre a al pubblico del regista coreano Kim Ki-Duk l'elogio della vendetta sanguinaria e potente. La vendetta glaciale ed irrefrenabile viene sublimata senza lasciare spazi alla pietà né ad altre forme di sentimento o all'emozione. Una vendetta truce e cupa, quindi, che straborda ovunque, senza alcuna passione. Tra vicoli sporchi ed angusti, ambienti domestici dimessi, locali sudici, ammassi di macchinari logori si consuma la disperata esistenza dei due protagonisti - apparentemente madre e figlio - e degli altri personaggi torturati e mutilati dalle terribili angherie alle quali paiono predestinati quale unico possibile epilogo della loro già misera vita.
Quanta violenza c'è nell'amore materno negato e nell'abbandono? E quanto e quale dolore si origina dall'umana brutalità? Il regista pare misurarlo con un racconto crudo volto quasi ad indagare il senso della vita e della morte. E la macchina da presa lo segue con inquadrature essenziali, calibrate con lucida freddezza. Manca però l'incanto poetico, la magia narrativa, l'intensità emotiva delle precedenti opere del regista, quali "Ferro 3 - La casa vuota" ("Bin-jip", 2004) e, prima ancora, "Primavera, Estate, Autunno, Inverno e ancora Primavera" ("Bom yeoreum gaeul gyeoul geurigo bom", 2003). Non c'è alcun contraltare alla crudeltà e nemmeno, quindi, la possibilità di catarsi per lo spettatore. Solo la desolata disperazione figlia della ferocia della vendetta. Ma se dall'opera non traspare il superamento dell'odio, padre cieco della violenza, dalla sua visione non può scaturire alcuna forma di comprensione della realtà che possa esserci di concreto aiuto nel già difficile mestiere di vivere.
AleLisa

4 commenti:

  1. In pochi giorni Alessandra ho visto che ti sei fatta parecchio male....con la visione di "Pietà" e di "Diaz".
    Mi ritrovo piuttosto cambiata rispetto all'anno scorso, prima di intraprendere il percorso dell' "arte che aiuta a vivere"; provo una certa soddisfazione nel riuscire ad evitare da lontano visioni che aggraverebbero il vivere quotidiano.
    Solo poco tempo fa il fascino che un regista, un film da evento, un'ovazione della critica esercitavano su me, non mi impedivano di calarmi in sfere emotive negative e spesso violente, di nessuna valore al di fuori di quello estetico e formale.
    Lungi da me un parere giudicante - siamo liberi di vivere ciò che scegliamo nel bene e nel male - ma è proprio leggendo le tue acute recensioni che non posso più fare a meno di tracciare una linea di demarcazione su ciò che va-bene-per-me e ciò che-va-male.
    La visione di questi film non sarebbe solo inutile, ma addirittura dannosa e quindi ti ringrazio per avermi evitato il rischio di soffrire.
    Purtroppo all'ultimo Festival di Venezia, che peraltro ho seguito giorno per giorno fino alla fine, molto poco è stato prodotto per facilitare il nostro esistere già così complicato.
    Uno spiraglio di poesia era presente in alcuni corti e nel film filippino di Brillante Mendoza: Thy Womb. Speriamo di poterlo vedere per un fresco tuffo nella leggerezza !

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  2. Mi sento fondamentalmente in sintonia con quanto scritto da Carla, anche se le nostre percezioni soggettive su ciò che-va-bene-per-sé sono sicuramente differenti. Io, ad esempio, vado regolarmente a vedere action-movie ed affini, mentre so bene che tu non li sopporti...
    Già solo il trailer di "Pietà" evocava appieno per me quello che Alessandra descrive nella sua recensione...Quindi l'ho evitato di proposito. Ben vengano però le differenze tra sensibilità individuali...

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  3. Rispondo sinteticamente a Carla e Pier. Non mi sono fatta male con 'Pietà'. La freddezza glaciale della vendetta perpetrata alla quale si assiste mi ha risparmiato il patimento. Conosco Kim Ki Duk e lo apprezzo da sempre. E' bene per me - quindi - completare la conoscenza dell'artista anche correndo qualche rischio (che nel mio caso non ha avuto sviluppi dannosi). Diverso il caso di 'Diaz', film visto durante l'estate, che ha generato in me rabbia e sdegno profondi. Volevo vederlo per sapere anche con gli occhi quello che abbiamo letto tutti ovunque. Da ultimo nella sentenza della Cassazione che ha sancito la penale responsabilità di quanti, istituzionalmente chiamati a proteggerci, hanno brutalizzato ogni più elementare diritto democratico. La consapevolezza per me è un 'must' di vita. Anche attraverso visioni come questa che sono - quindi - dal mio punto di vista doverose.

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  4. Sono d'accordo, un film come "Diaz" è un'altra cosa. Non a caso nel mio commento avevo accennato solo a "Pietà". Il film di Vicari infatti tratta un argomento di storia recente e quindi potrebbe avere un valore anche di informazione. Ma questo non è per me un motivo che ne rende "doverosa" la visione...personalmente non sono andato a vederlo.

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