27 settembre 2012

FILM AL CINEMA - "Prometheus" di Ridley Scott

Parte alla grande ma poi si perde completamente per strada questo nuovo film di Ridley Scott: che delusione! Inizia poderosamente sotto il segno della fantascienza filosofica (già il titolo, nel suo rimandare al mito greco, suscita aspettative), con scienziati che, decifrando codici antichi, cercano una spiegazione sull'origine della vita e un extraterrestre dall'aspetto titanico che viene mostrato mentre compie quello che sembra una sorta di rituale di autodisfacimento. Prosegue maestosamente a bordo dell'astronave, con un'atmosfera che ricorda quella di "2001: Odissea nello spazio" ("2001: A Space Odissey") di Kubrick e richiami al mondo letterario di Asimov (dallo scambio di battute sulla "terraformazione" al robot autocosciente David, che ammira il film "Lawrence d'Arabia" - "Lawrence of Arabia" - di David Lean). Il tutto immerso in un clima di tensione estrema per quanto controllata e lasciata sottotraccia, col risultato di suscitare in chi guarda la palpabile sensazione di un'imminente tragedia. Poi entrano in scena le "creature" e "Prometheus" prende la piega di un fanta-horror che ricalca effetti e inquietudini della serie "Alien", aggiornandoli con qualche idea nuova.
Il tenore dell'opera è angoscioso dall'inizio alla fine e gli effetti visivi possono risultare disturbanti: ma almeno il gioco valesse la candela, come si suol dire! Dopo essere passato dall'evocazione mitico-filosofica al prodotto di genere effettistico e (auto)citazionista, il film non scioglie nemmeno i quesiti che ha sollevato e la vicenda termina ma non conclude. Probabilmente perchè ci dovrà essere un ulteriore sequel (o più di uno): comunque da spettatore mi sento preso in giro. Vengo al cinema per assistere ad un film che immagino essere un'opera compiuta e non una puntata di una serie televisiva! (E questo vale anche per altri prodotti degli ultimi anni, è un po' una moda che sta prendendo piede). Infine, il messaggio che si riesce a cogliere è talmente sconfortante da avermi fatto venire in mente un paragone con "Melancholia" di Lars Von Trier (uno dei film più desolanti che ho visto al cinema negli ultimi anni e che ritengo un'illustrazione filmica del disturbo depressivo)!
Va riconosciuto il merito al regista dal punto di vista della tensione narrativa e del rigore formale: ma non basta. Le premesse sembravano esserci, il risultato no. 
Pier

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