24 settembre 2012

FILM - "Diaz - Non pulire questo sangue" di Daniele Vicari

La vicenda dal quale il film è tratto è tristemente nota a tutti. I fatti di sangue accaduti durante la notte del 21.7.2001, a ridosso della tragica morte di Carlo Giuliani avvenuta il giorno prima, costituiscono l’ossatura di tutto il film e non lasciano spazio ad altro (né d’altra parte vi è alcuna intenzione in questo senso da parte dell'autore).
Il regista svolge una ricostruzione fedele degli accadimenti verificatisi nella scuola Diaz e nella Caserma di Bolzaneto ricorrendo ad una modalità di racconto quasi documentaristica. La fotografia come "sporca", le sequenze a mano della macchina da presa come "rozze" evidenziano la crudezza della vicenda coinvolgendo lo spettatore nelle violenze perpetrate in danno delle persone innocenti ed indifese presenti in quella scuola. Daniele Vicari non dimentica, inoltre, di ricordare le devastazioni causate dai black bloc né la figura più umana del poliziotto Fournier. Tratteggia, poi, i responsabili a monte di questa sanguinosa vicenda. Per questo l’opera piace e convince ancora di più. Ma il suo autore non tralascia momenti di regia più squisitamente cinematografica laddove inquadra gli sguardi increduli, impotenti e densi di terrore degli attori (nessuno dei quali funge da protagonista), con gli occhi che sembrano persi, risucchiati da tanta aberrazione. Anche il lancio della bottiglia che cade fragorosamente a terra pare quasi presagire l'imminente verificarsi della tragedia. Poliziotti rappresentati come i "drughi" di Kubrick ("Arancia Meccanica", 1971), i piani della scuola e le stanze della caserma di Bolzaneto come gironi danteschi nei quali si consumano gli eventi di Genova. L'impatto emotivo che ne scaturisce sul pubblico non può che essere fortissimo, accompagnato da sdegno e rabbia.
Un film intensamente drammatico, difficile da fare e da accettare e, quindi, scomodo per i tanti che avrebbero voluto che si tacesse su una parte della nostra storia. Al tempo stesso però necessario per la nostra consapevolezza sebbene non possa definirsi un’opera propriamente funzionale allo scopo di aiutarci a vivere. 

AleLisa

Nessun commento:

Posta un commento